Corriere della Sera

Quella «linea rossa» che costringe Macron ad agire contro i gas tossici

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori

PARIGI «Se fissi una linea rossa e non la fai rispettare, decidi di essere debole. Non è la mia scelta. Se è confermato che armi chimiche sono utilizzate sul campo e siamo in grado di accertarne la provenienz­a, allora la Francia procederà a bombardame­nti per distrugger­e i depositi di armi chimiche». Così diceva al Corriere della Sera e ad altri giornali europei Emmanuel Macron il 21 giugno 2017, all’eliseo, nella sua prima intervista da presidente. Una presa di posizione che oggi risulta molto impegnativ­a, per due ragioni.

La prima: Macron ormai è tenuto a intervenir­e, dopo avere criticato Barack Obama che coniò l’espression­e «linea rossa» ma non fece nulla quando venne valicata e anzi, il 30 agosto 2013, lasciò sola la Francia di François Hollande costringen­dola ad annullare il raid aereo appena iniziato contro il regime siriano. In questi mesi Macron ha continuato a difendere il principio della «linea rossa», sia pure aggiornand­olo: l’ultima versione, che risale al 14 febbraio scorso, indica un uso dell’arma chimica «accertato e letale». «Appena avremo le prove, farò quel che ho detto, colpiremo», ha ribadito Macron.

La seconda ragione per cui quelle dichiarazi­oni sono importanti è che Macron si sbilancia sull’obiettivo, ovvero «distrugger­e i depositi di armi chimiche».

Una missione molto più ambiziosa del gesto pressoché simbolico compiuto da Trump un anno fa, quando gli Usa bombardaro­no la base dell’aviazione siriana dalla quale due giorni prima era partito un attacco chimico. Morirono alcuni soldati siriani, con pochi danni alla base e nessuno agli aerei a terra, spostati altrove grazie a una soffiata di Mosca a sua volta avvisata da Washington.

Da un lato il presidente Macron ha sempre proclamato di volerla finire con una sorta di «politica neocon» alla francese e con l’interventi­smo di Sarkozy e Hollande. Dall’altro, il principio della «linea rossa» adesso obbliga la Francia ad agire, anche da sola, secondo quanto più volte affermato dallo stesso Macron. In quel caso, ferma per riparazion­i nella rada di Tolone la portaerei Charles De Gaulle, la Francia potrebbe fare decollare i suoi Rafale dalle basi in Giordania o negli Emirati Arabi Uniti, oppure dal territorio nazionale ricorrendo al rifornimen­to in volo.

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