«Gli alleati europei appoggino l’offensiva»
WASHINGTON «Adesso sarebbe giusto se gli alleati europei appoggiassero l’attacco di Donald Trump alla Siria». Ian Bremmer, 48 anni politologo e fondatore della società di ricerca Eurasia Group, si aspetta «un’iniziativa militare contro Assad anche maggiore rispetto allo scorso anno».
Il presidente dice di non avere dubbi su quali siano le responsabilità dell’attacco chimico di Douma…
«C’è la convinzione che il regime di Damasco abbia usato in più occasioni le armi chimiche anche nel corso dell’ultimo anno. Trump ha capito in modo chiaro che è necessario rispondere con la forza ai raid chimici indiscriminati condotti da Assad. Lo scorso anno decise di colpire una base aerea siriana e fu l’iniziativa di politica estera più riuscita, quella che raccolse il massimo sostegno nell’opinione pubblica e nel Congresso».
Quindi continuerà su questa linea?
«Sì, e mi aspetto una reazione ancora più forte rispetto all’ultima volta».
Pensa che Assad e i vertici del governo di Damasco possano essere dei bersagli?
«Non va escluso. Anche se gli obiettivi in questo caso sono soprattutto le capacità militari del regime».
Gli Stati Uniti agiranno da
Italia
Sarebbe giusto che ci fosse la disponibilità di Paesi come il Regno Unito e l’italia
soli o si sta costituendo una minicoalizione?
«Questa mi pare la questione più importante. La Francia sembra disponibile a unirsi alla reazione degli Stati Uniti. Sarebbe giusto che fossero coinvolti anche altri alleati europei, che ci fosse la disponibilità di Paesi come il Regno Unito, l’italia. Ieri gli israeliani hanno bombardato la base di Homs e quindi fanno già parte dello schieramento».
Per la prima volta Trump chiama in causa esplicitamente anche Vladimir Putin. Sorpreso?
«No. Le relazioni tra Stati Uniti e Russia continuano a deteriorarsi. La Casa Bianca ha già preso misure importanti nei giorni scorsi. Cito le sanzioni contro gli oligarchi vicino al presidente russo, compreso Oleg Deripaska, implicato anche nelle indagini sul “Russiagate”. E non dimentichiamo che Trump ha scelto come consigliere per la sicurezza nazionale un falco antirusso come l’ex ambasciatore John Bolton».
La Russia è la minaccia numero uno nella crisi siriana?
«No. La minaccia numero uno in questo caso è Assad. La responsabilità russa qui è soprattutto politica, in un certo senso anche Putin è rimasto intrappolato nella crisi siriana. Il problema è che la Russia pone invece una minaccia più ampia alla sicurezza occidentale. Come dimostrano le interferenze nelle elezioni presidenziali americane, i piani per danneggiare le infrastrutture degli Stati Uniti, il caso dell’avvelenamento dell’ex spia russa in Gran Bretagna».