«Umile, cordiale» Zuckerberg prepara la difesa E intanto blocca una app italiana
Oggi e domani parlerà al Congresso
Ostentare umiltà. Mostrarsi affabile e rispondere in modo aperto e diretto a tutte le domande, anche le più insidiose, evitando giri di parole ed espressioni oblique. Conservare un atteggiamento cordiale anche se attaccato in modo rude, ma evitando di apparire sulla difensiva. Mark Zuckerberg, che oggi e domani comparirà davanti a due commissioni del Congresso per audizioni che potrebbero trasformarsi in una sorta di processo a Facebook, arriva a Washington per affrontare la prova più dura della sua carriera imprenditoriale dopo giorni di addestramento a porte chiuse condotto da una squadra di avvocati, consulenti e leadership coach.
Zuckerberg — un 33enne protagonista della rivoluzione digitale già da 14 anni, avendo fondato Facebook nel 2004 — non ha il carisma di uno Steve Jobs: temperamento piuttosto chiuso, non è a suo agio quando deve parlare in pubblico. Anche per questo ha sempre cercato di evitare hearing parlamentari: impietosi confronti coi principi dell’eloquenza politica trasmessi in diretta tv. Ma davanti alla gravità della crisi in cui è precipitato, Zuckerberg, che fin qui ha mandato avanti i capi dell’ufficio legale, non ha più potuto tirarsi indietro.
Il fondatore e capo del gruppo (Facebook controlla anche Instagram, Whatsapp e Messenger) ha preparato il terreno non solo allenandosi al confronto, ma anche mostrando più volte contrizione, pentimento per quanto accaduto. E promettendo di correre ai ripari. Subito seguito dall’azienda che, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, la società britannica che ha usato i dati di 87 milioni di utenti Facebook per influenzare le elezioni presidenziali Usa del 2016, ha annunciato interventi a raffica per tutelare meglio gli utenti.
Ultimo, due giorni fa, la sospensione di un’altra start up, Cubeyou.com, accusata di abusi nella gestione dei dati prelevati da utenti di Facebook. La società, che ha sede a San Francisco, ma è guidata da un italiano, Federico Treu, e ha una sede anche a Milano, è stata accusata dal network americano Cnbc di aver raccolto dati degli utenti sfruttando giochi e quiz, rivendendoli poi a fini commerciali, mentre agli interessati veniva detto che quelle informazioni sarebbero state usate solo per ricerche accademiche. Cubeyou si è difesa sostenendo di aver lavorato con l’università di Cambridge solo fino al 2015 e aggiungendo che sul sito veniva specificato che i dati raccolti potevano essere usati anche a fini commerciali o ceduti ad altri. Ma l’evidente similitudine col caso di Cambridge Analytica (anche stavolta sarebbero stati venduti dati raccolti da ricercatori che lavorano in centri accademici di analisi psicologiche) e i documenti esibiti da Cnbc sulle condizioni per il trattamento dati hanno indotto Facebook decidere la sospensione.
È da giorni, però, che gli esperti sostengono che molte altre società hanno commesso, sia pure a fini commerciali e non politici, gli stessi abusi sui dati degli utenti di Facebook perché la rete sociale, volendo porsi al centro di una rete di app, attirava queste società lasciando loro la possibilità di monetizzare, entro certi limiti, i suoi dati.
Probabilmente questo è uno dei prossimi errori che Zuckerberg ammetterà, scusandosi, in quello che la stampa Usa ha definito un apology tour: iniziata a metà marzo tra interviste e conferenze stampa, questa via crucis fatta di riconoscimenti di sbagli, contrizioni, promesse di far meglio in futuro, troverà il suo culmine proprio oggi. Zuckerberg ammetterà di «non aver preso abbastanza sul serio le sue responsabilità», di non aver fatto «abbastanza per evitare che gli strumenti di Facebook fossero usati anche per fare del male». Lo sappiamo già perché la società ha pubblicato ieri sera il discorso che Mark pronuncerà oggi, in apertura di seduta al Congresso: «Sono stato io a sbagliare. Mi dispiace. Io ho fondato Facebook, io la gestisco: sono io responsabile per quello che accade».
Poi gli impegni per un futuro che sarà, promette, molto diverso. Promesse accolte con scetticismo da chi, come la rivista Wired, sostiene che, in realtà, questo apology tour è iniziato 14 anni fa: è dal 2004 che Zuckerberg si scusa per violazioni della privacy e altro.
La responsabilità Sono stato io a sbagliare. Mi dispiace. Io ho fondato Facebook, io lo gestisco: sono io responsabile per quello che accade
I controlli Non ho fatto abbastanza per evitare che gli strumenti di Facebook fossero usati anche per fare del male Mark Zuckerberg