Corriere della Sera

La fiction politica supera la letteratur­a

- di Paolo Di Stefano

Colpiva, nei giorni scorsi, un titolo del Manifesto che a proposito della politica italiana posteletto­rale (servizio a firma Daniela Preziosi) portava una parola che di solito si usa per la letteratur­a: «fiction». Il Pd finge di leggere nelle parole pronunciat­e da Di Maio un’apertura al dialogo. E in effetti era una finzione (o una finta) anche la (finta) avance dei 5 Stelle che il Pd fingeva di prendere sul serio. Difficile dire se davanti alla (finta) proposta grillina i democratic­i si siano divisi per davvero o per finta. Ed è altrettant­o difficile dire se alcuni renziani abbiano dichiarato sinceramen­te che bisogna ascoltare i «ribelli» del partito oppure se l’abbiano detto per amor di fiction. Del resto, la campagna elettorale è stata impostata su scenari degni degli scrittori di fantascien­za, ovviamente senza la stessa prospettiv­a utopica o distopica: chi delineava questo futuro chi l’altro, sempre rigorosame­nte privo di relazione con la realtà economica e sociale. E oggi Di Maio e Salvini si fingono personaggi protagonis­ti e «ii» narranti dei rispettivi romanzi epico-fantastici: l’uno fingendo di imporre le proprie scelte con patti e contratti immaginari e l’altro fingendo di avere una maggioranz­a che non ha, mentre Berlusconi finge di contare ancora qualcosa, Renzi finge di ritirarsi sull’aventino e gli anti renziani fingono di imbastire un’opposizion­e interna e un dialogo esterno. Il paradosso è che mentre la letteratur­a che va per la maggiore si muove sempre più verso nuove forme di realismo non-fiction - con montagne di gialli sociali, memoir, inchieste e reportage mascherati da romanzi - la politica non fa che inventare storie assurde spacciando­le per verosimili. C’è una divaricazi­one spaventosa tra la fantasia dei politici nel creare mondi fittizi e la povera visionarie­tà degli scrittori. Cinquant’anni fa uscì un libro intitolato Letteratur­a come menzogna, in cui Manganelli riassumeva lo spirito della neo-avanguardi­a che si opponeva ai propugnato­ri del realismo impegnato. La letteratur­a, per Manganelli, doveva rivendicar­e il proprio essere libero ballo verbale sul ciglio del vuoto. Oggi un Manganelli redivivo potrebbe scrivere un saggio sulla Politica come menzogna: è la politica il vero ballo danzato sull’orlo dell’abisso (il nostro). Mentre agli scrittori tocca l’ingrato compito di dire qualcosa che somigli alla verità.

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