«Devono elaborare il lutto, poi l’effetto sparirà»
stro capitano ci aveva visto lungo», dice oggi Stefano Pioli, allenatore, psicologo, fratello maggiore di una banda che non si mette limiti e che ogni partita l’affronta come fosse l’ultima, senza guardare la classifica e senza pensare che l’europa (League) è tornata a essere un obiettivo. Un gruppo che ha conquistato il rispetto della gente. Sabato notte, al centro sportivo intitolato al capitano scomparso, trecento tifosi e i giocatori reduci dall’olimpico si sono ritrovati, mischiati, abbracciati, cantando e invocando il nome di Astori. Firenze, sempre divisa, eternamente scontenta, ha ritrovato unità di intenti.
Daniele Popolizio, psicologo, psicoterapeuta e mental coach, ci può spiegare cosa è accaduto alla Fiorentina che dopo la morte di Astori vince sempre?
«La squadra è nella fase che vuole onorare a tutti i costi chi è venuto a mancare. Non hanno perso solo un compagno, ma il capitano, un punto di riferimento».
Il dolore avrebbe potuto stroncare il gruppo.
«Dipende dalla leadership di chi se n’è andato. Più era forte e più chi rimane ha voglia di vincere per preservarne il ricordo. Succede anche in battaglia. Evidentemente Astori era molto seguito dentro lo spogliatoio. Il merito non è né dell’allenatore, né della società. Pioli, come i giocatori, è stato investito dall’onda emotiva e ha dato di più».
Ma quanto durerà l’effetto?
«Non può durare in eterno. Quando la squadra avrà elaborato il lutto, tutto tornerà come prima».