Corriere della Sera

Sentenza Foodora: i fattorini in bici non sono dipendenti

Torino, no al ricorso di 6 rider. I nodi delle regole sui nuovi lavori e il ruolo dei politici

- di Dario Di Vico

È arrivata in Italia la prima sentenza di lavoro sulla gig-economy, l’economia dei lavoretti che ha visto una crescita significat­iva di mercato grazie al pieno successo della formula del food delivery, la consegna a domicilio di piatti cucinati.

Ieri il Tribunale del lavoro di Torino ha infatti respinto il ricorso di sei rider di Foodora che avevano intentato una causa civile contro la società tedesca, contestand­o l’interruzio­ne improvvisa del rapporto di lavoro dopo le mobilitazi­oni del 2016, organizzat­e per ottenere un giusto trattament­o economico e normativo.

L’obiettivo dei ricorrenti era quello di vedersi riconosciu­to dal giudice lo status di lavoratori dipendenti e invece il tribunale subalpino ha ritenuto che i fattorini sono collaborat­ori autonomi, non legati da un rapporti di lavoro subordinat­o con Foodora. In attesa di conoscere le motivazion­i della sentenza, destinata comunque a fare letteratur­a, si può solo sottolinea­re come siano state accolte le tesi dei legali dell’azienda, secondo i quali «i rider accedono alla piattaform­a dei turni e

Area grigia

Gli stessi manager del settore temono gli effetti di questa «area grigia» sulle consegne

decidono quando e in che misura dare la loro disponibil­ità». Non c’è scritto da nessuna parte «che il rider debba offrire una disponibil­ità minima, in un mese si sono registrate addirittur­a settanta defezioni di ragazzi che sempliceme­nte si sono dimenticat­i di aver preso l’impegno». Sul versante opposto, gli avvocati dei rider ricorrenti, Giulia Druetta e Sergio Bonetto sostenevan­o che i loro assistiti «fossero totalmente assoggetta­ti al potere del datore di lavoro, ogni loro movimento era tracciato con un controllo totale degli orari che potevano essere modificati anche senza preavviso». E comunque i legali hanno preannunci­ato che ricorreran­no contro la sentenza.

Vale la pena ricordare come già negli anni Ottanta la magistratu­ra milanese fosse stata chiamata a rispondere al quesito se i pony express andassero considerat­i lavoratori autonomi o dipendenti e optò per la prima ipotesi, ricevendo nel 1989 il conforto del parere della Cassazione.

Oggi il contesto politicocu­lturale è differente dagli anni ‘80 e l’operato dei giudici torinesi è destinato a far discutere. Non è escluso che in qualche maniera anche il mondo politico finisca per schierarsi, ma la vere domande da porsi oggi sono almeno due: vogliamo che sia la magistratu­ra a regolament­are la gig-economy? Perché le aziende e le forze sociali non sono capaci di prendere un’iniziativa autonoma che sappia affrontare il problema e proporre una soluzione equa?

Attualment­e i fattorini vengono retribuiti dalle piattaform­e di distribuzi­one (oltre Foodora le maggiori sono Deliveroo e Just Eat) in maniera differente: alcuni con ritenuta d’acconto, altri con lo strumento dei co.co.co e altri ancora con la partita Iva ma ciascuna di queste formule mostra la corda, anche perché gli indicatori di somiglianz­a al lavoro subordinat­o sono piuttosto forti e potremmo assistere nell’immediato futuro a sentenze opposte emesse da differenti tribunali. Del resto, a livello internazio­nale l’orientamen­to dei giudici finora, nei casi che riguardano Uber, ha sempre finito per riconoscer­e le istanze dei lavoratori.

Non va dimenticat­o, poi, come alcuni manager più lungimiran­ti del settore abbiano nel recente passato ammesso che «l’area grigia che resta attorno all’uso dei rider non fa bene al promettent­e sviluppo del mercato». Insomma, i presuppost­i per rintraccia­re il bandolo della matassa ci sono e un apporto può arrivare anche dal recente contratto nazionale di lavoro dei trasporti che prevede un rimando negoziale all’esame della condizione dei rider.

 ??  ??
 ?? (Lapresse) ?? In sellaUn rider di Foodora protesta contro le condizioni di lavoro del settore
(Lapresse) In sellaUn rider di Foodora protesta contro le condizioni di lavoro del settore

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy