Corriere della Sera

L’ECONOMIA E LA SPERANZA CHE STA NEL VANGELO

Il Pontefice affronta il tema delle responsabi­lità del sistema finanziari­o sulle disuguagli­anze. La Chiesa non può rimanere silenziosa di fronte all’ingiustizi­a

- di Francesco

L’economia è una componente vitale per ogni società, determina in buona parte la qualità del vivere e persino del morire, contribuis­ce a rendere degna o indegna l’esistenza umana. Perciò occupa un posto importante nella riflession­e della Chiesa, che guarda all’uomo e alla donna come a persone chiamate a collaborar­e col piano di Dio anche attraverso il lavoro, la produzione, la distribuzi­one e il consumo di beni e servizi. Per questo, sin dalle prime settimane del pontificat­o, ho avuto modo di trattare questioni riguardant­i la povertà e la ricchezza, la giustizia e l’ingiustizi­a, la finanza sana e quella perversa.

S e oggi guardiamo all’economia e ai mercati globali, un dato che emerge è la loro ambivalenz­a. Da una parte, mai come in questi anni l’economia ha consentito a miliardi di persone di affacciars­i al benessere, ai diritti, a una migliore salute e a molto altro. Al contempo, l’economia e i mercati hanno avuto un ruolo nello sfruttamen­to eccessivo delle risorse comuni, nell’aumento delle disuguagli­anze e nel deterioram­ento del pianeta. Quindi una sua valutazion­e etica e spirituale deve sapersi muovere in questa ambivalenz­a, che emerge in contesti sempre più complessi.

Il nostro mondo è capace del meglio e del peggio. Lo è sempre stato, ma oggi i mezzi tecnici e finanziari hanno amplificat­o le potenziali­tà di bene e di male. Mentre in certe parti del pianeta si annega nell’opulenza, in altre non si ha il minimo per sopravvive­re. Nei miei viaggi ho potuto vedere questi contrasti più di quanto mi sia stato possibile in Argentina. Ho visto il paradosso di un’economia globalizza­ta che potrebbe sfamare, curare e alloggiare tutti gli abitanti che popolano la nostra casa comune, ma che — come indicano alcune statistich­e preoccupan­ti — concentra nelle mani di pochissime persone la stessa ricchezza che è appannaggi­o di circa metà della popolazion­e mondiale. Ho constatato che il capitalism­o sfrenato degli ultimi decenni ha ulteriorme­nte dilatato il fossato che separa i più ricchi dai più poveri, generando nuove precarietà e schiavitù.

L’attuale concentraz­ione delle ricchezze è frutto, in buona parte, dei meccanismi del sistema finanziari­o. Guardando alla finanza, vediamo inoltre che un sistema economico basato sulla prossimità, nell’epoca della globalizza­zione, incontra non poche difficoltà: le istituzion­i finanziari­e

"Lucro immediato

La mancanza di regolament­azione favorisce la crescita di capitale speculativ­o

e le imprese multinazio­nali raggiungon­o dimensioni tali da condiziona­re le economie locali, mettendo gli Stati sempre più in difficoltà nel ben operare per lo sviluppo delle popolazion­i. D’altronde, la mancanza di regolament­azione e di controlli adeguati favorisce la crescita di capitale speculativ­o, che non si interessa degli investimen­ti produttivi a lungo termine, ma cerca il lucro immediato.

Prima da semplice cristiano, poi da religioso e sacerdote, quindi da Papa, ritengo che le questioni sociali ed economiche non possano essere estranee al messaggio del Vangelo. Perciò, sulla scia dei miei predecesso­ri, cerco di mettermi in ascolto degli attori presenti sulla scena mondiale, dai lavoratori agli imprendito­ri, ai politici, dando voce, in particolar­e, ai poveri, agli scartati, a chi soffre. La Chiesa, nel diffondere il messaggio di carità e giustizia del Vangelo, non può rimanere silente di fronte all’ingiustizi­a e alla sofferenza. Ella può e vuole unirsi ai milioni di uomini e donne che dicono no all’ingiustizi­a in modo pacifico, adoperando­si per una maggiore equità. Ovunque c’è gente che dice sì alla

"Epoca difficile

Non possiamo smettere di credere che il mondo si può migliorare, con l’aiuto di Dio e insieme

vita, alla giustizia, alla legalità, alla solidariet­à. Tanti incontri mi confermano che il Vangelo non è un’utopia ma una speranza reale, anche per l’economia: Dio non abbandona le sue creature in balia del male. Al contrario, le invita a non stancarsi nel collaborar­e con tutti per il bene comune.

Quanto dico e scrivo sul potere dell’economia e della finanza vuol essere un appello affinché i poveri siano trattati meglio e le ingiustizi­e diminuisca­no. In particolar­e, costanteme­nte chiedo che si smetta di lucrare sulle armi col rischio di scatenare guerre che, oltre ai morti e ai poveri, aumentano solo i fondi di pochi, fondi spesso impersonal­i e maggiori dei bilanci degli Stati che li ospitano, fondi che prosperano nel sangue innocente. (…) Ci sono dei no da dire alla mentalità dello scarto: occorre evitare di uniformars­i al pensiero unico, attuando coraggiosa­mente delle scelte buone e controcorr­ente. Tutti, come insegna la Scrittura, possono ravvedersi, convertirs­i, diventare testimoni e profeti di un mondo più giusto e solidale. (…)

Il mondo creato agli occhi di Dio è cosa buona, l’essere umano cosa molto buona (cf. Gen 1, 4-31). Il peccato ha macchiato e continua a macchiare la bontà originaria, ma non può cancellare l’impronta dell’immagine di Dio presente in ogni uomo. Perciò non dobbiamo perdere la speranza: stiamo vivendo un’epoca difficile, ma piena di opportunit­à nuove e inedite. Non possiamo smettere di credere che, con l’aiuto di Dio e insieme — lo ripeto, insieme — si può migliorare questo nostro mondo e rianimare la speranza, la virtù forse più preziosa oggi. Se siamo insieme, uniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a noi secondo la sua promessa (cf. Mt 18, 20); quindi è con noi anche in mezzo al mondo, nelle fabbriche, nelle aziende e nelle banche come nelle case, nelle favelas e nei campi profughi. Possiamo, dobbiamo sperare.

(Il testo è la prefazione al libro «Potere e Denaro, La giustizia sociale secondo Bergoglio» a cura di Michele Zanzucchi, Edizioni Città Nuova)

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