La corda tesa con Berlusconi
Non c’è dubbio che il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sia sotto pressione e che Matteo Salvini si muova ormai in assoluta autonomia dagli alleati.
Si delinea una sorta di «asse di fatto» tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sul piano istituzionale. Ma si intravede anche una possibile incrinatura sulla politica estera, qualora la crisi siriana dovesse precipitare. Pubblicamente, Movimento 5 Stelle e Lega non si risparmiano battute corrosive: a tal punto che l’ipotesi di un governo insieme appare e scompare. Eppure, è bastato un contatto telefonico tra loro per portare il leghista Nicola Molteni alla presidenza della commissione parlamentare speciale che si occuperà, tra l’altro, del documento economico e finanziario.
Si tratta di un organismo destinato a lavorare fino a che non si formerà un governo. Ma in questo limbo, può assumere un ruolo strategico. Di certo, ha un valore simbolico. Anche perché Cinque Stelle e Lega hanno dato la notizia con un comunicato identico, nel quale parlano di «spirito di collaborazione per rendere operativo il Parlamento al più presto». E affiancano per la prima volta nomi dei due leader come registi dell’operazione Molteni, da eleggere oggi. È come se giorno dopo giorno avanzasse una sorta di ossatura orale del «contratto» tra M5S e Carroccio, che aspetta di essere tradotto in un’intesa di governo.
Non è scontato che avvenga. Sull’esecutivo pesano tuttora incognite che le consultazioni del capo dello Stato, Sergio Mattarella, tra oggi e domani, chiariranno solo in parte. Ma si vede a occhio nudo quanto sta avvenendo a livello parlamentare. La prima tappa è stata l’elezione dei presidenti di Senato e Camera. E ora c’è la commissione speciale. Sono iniziative nelle quali si avverte soprattutto l’esigenza di mostrare un Parlamento operativo, senza perdite di tempo.
Questo avvicinamento progressivo, quasi carsico, potrebbe però far registrare una battuta d’arresto sul piano internazionale. Lo scontro tra Stati uniti e Russia sulla Siria, e la probabilità di bombardamenti da parte di forze americane, francesi e britanniche, costringerà l’italia a schierarsi. Non solo il governo dimissionario di Paolo Gentiloni, ma soprattutto i partiti premiati dall’elettorato il 4 marzo. Il tema è delicato e dirimente. Uscendo dal colloquio con Mattarella dopo il primo giro di consultazioni, Di Maio dichiarò la propria fedeltà alle alleanze militari e strategiche tradizionali: dalla Nato all’euro.
Salvini, invece, con una parte del centrodestra, si sono schierati con la Russia e contro la decisione controversa della Casa Bianca, di reagire all’uso delle armi chimiche attribuito al regime di Assad. Di Maio sostiene che, «proprio perché siamo alleati degli Usa e dell’occidente, si deve consigliare ai nostri alleati un’ottica di pace, sempre». Quanto alla richiesta di un eventuale uso delle basi italiane, «spero che non ci si arrivi». Ma la crisi siriana sta entrando nel dopovoto. E la politica estera, trascurata finora, potrebbe prendersi una rivincita.