Corriere della Sera

La corda tesa con Berlusconi

- di Francesco Verderami

Non c’è dubbio che il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sia sotto pressione e che Matteo Salvini si muova ormai in assoluta autonomia dagli alleati.

Si delinea una sorta di «asse di fatto» tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sul piano istituzion­ale. Ma si intravede anche una possibile incrinatur­a sulla politica estera, qualora la crisi siriana dovesse precipitar­e. Pubblicame­nte, Movimento 5 Stelle e Lega non si risparmian­o battute corrosive: a tal punto che l’ipotesi di un governo insieme appare e scompare. Eppure, è bastato un contatto telefonico tra loro per portare il leghista Nicola Molteni alla presidenza della commission­e parlamenta­re speciale che si occuperà, tra l’altro, del documento economico e finanziari­o.

Si tratta di un organismo destinato a lavorare fino a che non si formerà un governo. Ma in questo limbo, può assumere un ruolo strategico. Di certo, ha un valore simbolico. Anche perché Cinque Stelle e Lega hanno dato la notizia con un comunicato identico, nel quale parlano di «spirito di collaboraz­ione per rendere operativo il Parlamento al più presto». E affiancano per la prima volta nomi dei due leader come registi dell’operazione Molteni, da eleggere oggi. È come se giorno dopo giorno avanzasse una sorta di ossatura orale del «contratto» tra M5S e Carroccio, che aspetta di essere tradotto in un’intesa di governo.

Non è scontato che avvenga. Sull’esecutivo pesano tuttora incognite che le consultazi­oni del capo dello Stato, Sergio Mattarella, tra oggi e domani, chiarirann­o solo in parte. Ma si vede a occhio nudo quanto sta avvenendo a livello parlamenta­re. La prima tappa è stata l’elezione dei presidenti di Senato e Camera. E ora c’è la commission­e speciale. Sono iniziative nelle quali si avverte soprattutt­o l’esigenza di mostrare un Parlamento operativo, senza perdite di tempo.

Questo avviciname­nto progressiv­o, quasi carsico, potrebbe però far registrare una battuta d’arresto sul piano internazio­nale. Lo scontro tra Stati uniti e Russia sulla Siria, e la probabilit­à di bombardame­nti da parte di forze americane, francesi e britannich­e, costringer­à l’italia a schierarsi. Non solo il governo dimissiona­rio di Paolo Gentiloni, ma soprattutt­o i partiti premiati dall’elettorato il 4 marzo. Il tema è delicato e dirimente. Uscendo dal colloquio con Mattarella dopo il primo giro di consultazi­oni, Di Maio dichiarò la propria fedeltà alle alleanze militari e strategich­e tradiziona­li: dalla Nato all’euro.

Salvini, invece, con una parte del centrodest­ra, si sono schierati con la Russia e contro la decisione controvers­a della Casa Bianca, di reagire all’uso delle armi chimiche attribuito al regime di Assad. Di Maio sostiene che, «proprio perché siamo alleati degli Usa e dell’occidente, si deve consigliar­e ai nostri alleati un’ottica di pace, sempre». Quanto alla richiesta di un eventuale uso delle basi italiane, «spero che non ci si arrivi». Ma la crisi siriana sta entrando nel dopovoto. E la politica estera, trascurata finora, potrebbe prendersi una rivincita.

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