«I missili stanno arrivando»
Alle 6.57 di ieri mattina Donald Trump si affaccia minaccioso su Twitter: «La Russia promette di abbattere ogni missile lanciato sulla Siria. E allora stai pronta Russia, perché i missili stanno arrivando, belli, nuovi e “intelligenti”. Voi non dovreste appoggiare un Animale che usa il gas per uccidere la sua popolazione e si diverte a farlo!»
L’avvertimento del presidente sconcerta per i toni. Ma segna un punto fermo: la decisione è presa, i cacciatorpediniere americani sono ormai in posizione, le basi nel Mediterraneo in allerta. Non è ancora chiaro, però, se alla fine anche altri Paesi parteciperanno allo «strike». La Francia sembra proprio di sì, mentre va ancora verificata la disponibilità concreta dell’arabia Saudita. Manca anche l’adesione ufficiale della Gran Bretagna.
La scelta degli obiettivi avrà implicazioni politiche profonde. La Casa Bianca prepara un attacco più ampio e più duro rispetto a quello del 7 aprile 2017, quando 59 missili Tomahawk colpirono la base aerea di Al Shayrat. Il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton, detto «il demolitore», spinge per un’offensiva mirata anche contro i presidi iraniani in Siria. Nella sua visione la minaccia numero uno nella regione è Teheran. Un’«opzione» che danneggerebbe in modo forse irreparabile l’accordo sul nucleare con l’iran, difeso dagli europei e considerato «una sciagura» da Trump e dallo stesso Bolton.
Il presidente americano, comunque, appare più concentrato sui rapporti con Mosca. Al solito, nel segno dell’ambiguità, come mostrano altri due tweet di giornata. Il primo vuole essere descrittivo: «Le nostre relazioni con la Russia non sono mai state peggiori, compreso il periodo della Guerra fredda. Ma non c’è ragione per questo. La Russia ha bisogno di noi per sostenere l’economia. È una cosa che sarebbe molto facile da fare e noi abbiamo bisogno che le nostre due nazioni lavorino insieme. Fermiamo la corsa agli armamenti?». Il secondo flash offre una spiegazione che ci riporta nel pieno della vulnerabilità trumpiana: «Molto del cattivo sangue con loro deriva dalla “Falsa e corrotta” indagine sulla Russia, condotta da fiancheggiatori democratici o da persone che lavoravano con Obama». Trump cita il super procuratore Robert Mueller e il vice segretario della Giustizia Rod Rosenstein. Il presidente, si dice a Washington, sta meditando chi licenziare dei due. Il Congresso è in allarme bipartisan. Oggi quattro senatori, i repubblicani Lindsey Graham e Thom Tillis con i democratici Chris Coons e Cory Baker, presenteranno una leggelampo per mettere al riparo almeno Mueller.