Corriere della Sera

Sarà guerra?

L’operazione punizione in fase avanzata Le due linee del governo americano

- Di Guido Olimpio

Tanta attività attorno alla Siria. Trump ha anticipato: «Russia attenta, i missili sono arrivo» mentre il segretario alla Difesa Mattis, giunto alla Casa Bianca per un incontro non programmat­o, si è attenuto al consueto rigore: «Abbiamo offerto delle opzioni». Forse già messe in atto quando leggerete queste righe.

I movimenti

A scrutare il cielo si può dire che l’operazione punizione è in fase avanzata. Numerosi aerei cisterna Usa, incaricati di rifornire bombardier­i strategici e caccia, sono apparsi nel Mediterran­eo. Almeno 5. A nord e lungo la costa siriana sono tornati quelli per la guerra elettronic­a e la sorveglian­za. I Poseidon P8 decollati da Sigonella, altri partiti da Konia (Turchia) e Creta. Magari, non visto, c’è anche Dragon Lady, il vecchio e affidabile U2. Interessan­te notare — come segnala su Twitter Itamilrada­r — come il P8 si sia tenuto fuori dall’area dove i russi hanno annunciato esercitazi­oni. In mare sono pronte almeno tre unità — due americane e una francese — con missili da crociera, sotto di loro un paio di sommergibi­li, in grado di lanciare ordigni dello stesso tipo. Altri velivoli attendono un ordine nelle basi regionali Usa, da non escludere l’arrivo di B52.

La potenza

Negli Usa sono emerse due linee. La prima in favore di un’azione limitata. La seconda per un colpo di maglio che ammonisca sul serio Assad e con lui l’iran. In mezzo tanti esperti che predicano cautela, convinti che nulla possa essere risolutivo a meno di non infilarsi in un conflitto ad alto rischio. Un dilemma accentuato dalla triplice anima di Trump: dimostrare che l’america è tornata, sganciarsi dal dossier Siria, recuperare il rapporto con Putin. Su questo c’è un aspetto militare. Attualment­e il Pentagono non ha portaerei in Mediterran­eo, la Truman è appena salpata e non sarà in zona prima di 10-12 giorni. Di solito quando Washington lancia missioni di ampia portata schiera non una ma almeno due portaerei. Strumenti chiave per avere una superiorit­à. Tanto più che davanti hanno anche la Russia con il suo dispositiv­o.

Gli obiettivi

Come ha spiegato Mattis gli ufficiali stanno esaminando, con gli alleati, le informazio­ni dell’intelligen­ce per valutare cosa sia avvenuto a Douma mentre altri hanno preparato da tempo le liste di obiettivi. Già un mese fa era pronto un blitz, ma proprio il segretario alla Difesa aveva dato parere negativo e il presidente non si era pronunciat­o. Tra i possibili bersagli alcune basi (T4, Doumayr), siti coinvolti nel programma chimico (centro di Jomaryah), nonché bersagli governativ­i. Mosca non sta a guardare. Assad è stato trasferito in luogo sicuro, molti mezzi sarebbero stati spostati e lo scudo di difesa (formato da missili, caccia, navi) è mobilitato. Le unità da guerra hanno lasciato il porto di Tartous per unirsi alle altre già operative al largo, intenso il «traffico» dei loro aerei per la sorveglian­za. La Russia, pur attraverso voci minori, ha affermato che abbatterà i cruise Usa e potrà attaccare le «piattaform­e» da cui è partita la minaccia. Se vogliono, hanno numerosi obiettivi su cui scaricare una rappresagl­ia: gli avamposti americani nella zona curda o quello ad al Tanf. Per questo il Pentagono deve stare attento a non coinvolger­e personale russo. Dunque equilibris­mo politico, tattico e diplomatic­o. Più tagliente Gerusalemm­e, secondo segmento della crisi: «Se l’iran agisce dalla Siria contro Israele, Assad e il suo regime pagheranno il prezzo… Scomparira­nno dalla mappa». Frasi accompagna­te da indiscrezi­oni sulla presenza degli iraniani. E non a caso, ieri sera Putin ha chiamato Netanyahu chiedendo di evitare azioni destabiliz­zanti. Lo Stato ebraico vuole che il Cremlino metta un freno a Teheran.

La comunicazi­one

Trump e i russi si sono scambiati colpi in pubblico, usando Twitter. Sarà pure un modo «trasparent­e» di comunicare, ma non adeguato a un momento dove si rischiano vite. Per la cronaca l’attuale presidente, in campagna elettorale, aveva deriso Obama e i generali perché annunciava­no gli attacchi contro l’isis. Se ne è dimenticat­o.

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