Corriere della Sera

«Perché il mondo civile tace come fece con l’olocausto E dopo, ci chiederete scusa?»

Il politico: Israele ha il diritto assoluto a proteggers­i

- di Yair Lapid

S crivo queste parole alla vigilia del Giorno della memoria in Israele, che commemoria­mo ogni anno una settimana prima della nostra Festa dell’indipenden­za. È una ricorrenza che mi tocca nel profondo dell’animo. Mio padre è sopravviss­uto all’olocausto, scampato miracolosa­mente dal ghetto di Budapest. Mio nonno fu ucciso nel campo di concentram­ento di Mauthausen in Austria. Mia nonna fu assassinat­a ad Auschwitz, in Polonia. Allo scoppio della guerra, vivevano tutti sotto lo stesso tetto di una casa tranquilla a Novi Sad, in Serbia, finché i nazisti, accompagna­ti dai fascisti ungheresi, li sparpaglia­rono per l’europa e li massacraro­no.

Fino all’ultimo, rimasero convinti che il mondo ancora sano di mente, il mondo civile, sarebbe intervenut­o per liberarli; che almeno uno dei vicini di casa, i loro vecchi compagni di scuola, si sarebbe alzato per dire: «Basta! Mi rifiuto di restare a guardare mentre vengono trucidate persone innocenti!». Non è mai successo. Il mondo civile ha vinto la guerra, è vero, ma non facciamoci illusioni, non è sceso in guerra per metter fine al genocidio degli ebrei, bensì perché temeva le mire espansioni­stiche di Hitler.

Un anno prima di morire, nel 2007, mio padre pronunciò il discorso principale nel Giorno della memoria dell’olocausto. Disse: «Stasera, sei milioni di vittime ci parlano dalla tomba e ci dicono: non credevamo che potesse accadere. Ci siamo affidati alla bontà del prossimo. Eravamo certi che la follia avesse i suoi limiti. Ma quando ci siamo accorti di esserci ingannati, era già troppo tardi. Non fate come abbiamo fatto noi! Il mondo civile e illuminato ci consiglia di accettare compromess­i e di assumerci anche notevoli rischi, se questo può servire alla pace. E nel Giorno della memoria noi chiediamo al mondo civile e illuminato: che succede se noi rischiamo la nostra vita e sacrifichi­amo la nostra gente, e ci fidiamo di voi – e poi qualcosa va per il verso storto? E allora? Ci chiederete scusa, ci direte che vi siete sbagliati?».

Sono passati undici anni e quel messaggio è valido ancora oggi. In Siria si uccidono i bambini con le armi chimiche e in Europa si pubblicano articoli indignati, si fanno discorsi magniloque­nti, ma nessuno ha mosso un dito negli ultimi sette anni. Mentre scrivo, non è ancora chiaro se, e fino a che punto, gli Stati Uniti reagiranno, ma anche quello sarà troppo poco e troppo tardi. Israele ha passato gli ultimi sette anni a mettere in atto iniziative umanitarie efficaci, di cui però si sa ben poco: noi andiamo a prendere i feriti in Siria, specie i bambini, e li curiamo nei nostri ospedali. Nello stesso momento a Gaza i capi di Hamas, un’organizzaz­ione terroristi­ca sanguinari­a, si servono dei civili per tentare di far breccia in territorio israeliano e sferrare attacchi. È innegabilm­ente un doppio crimine. Contro Israele e contro la loro stessa popolazion­e. E su questo l’europa non solo tace, ma anziché condannare gli aggressori, condanna gli aggrediti.

Perché l’europa continua a tacere sulla Siria e a ignorare i fatti di Gaza? Il mondo sa che Assad, con il sostegno dell’iran e di Hezbollah, non presterà ascolto alle sue ammonizion­i. I valori occidental­i e democratic­i sono per costoro fonte di ilarità. Israele, invece, prende molto sul serio il suo ruolo di unica democrazia occidental­e in Medio Oriente. Noi sappiamo ascoltare.

Israele non è disposto a nessun compromess­o sulla sua sicurezza: noi abbiamo il diritto assoluto a proteggere noi stessi. Se i nostri amici vogliono essere presi sul serio, dovranno prendere atto della reale situazione. Ma dovranno fare anche un’altra cosa: intervenir­e in Siria.

(Trad. di Rita Baldassarr­e)

In Europa

Articoli indignati, discorsi magniloque­nti, ma nessuno ha mosso un dito in sette anni

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Yair Lapid, 54 anni, politico e scrittore

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