«La sua è una logica annessionista» La rabbia del leader di FI con l’alleato
Le scelte di Salvini per «preservare» Giorgetti. Ma M5S e Lega ora sono in affanno
definito la mossa di Salvini come «il preludio della coltellata finale» al Cavaliere.
Berlusconi il titubante è consapevole che il segretario leghista aspiri ad annunciare la fine di un’epoca, e infatti — dopo aver appreso incidentalmente la notizia — si è scagliato contro chi «si muove con una logica annessionista» e «si atteggia da protagonista. Forse troppo...». Anche perché sono troppi i dettagli da mettere a posto per riuscire nell’impresa. Per esempio, Di Maio accetterebbe di vedere Giorgetti alla guida del «governo del cambiamento» pur di non vedere Berlusconi nel governo? Sembra impossibile. E in ogni caso servirebbe tempo per realizzare il compromesso. Ma «di tempo non ce n’è». I grillini lo sapevano (e lo dicevano) già prima di salire al Colle per le consultazioni. Salvini lo ha appreso dalla viva voce di Mattarella, che dinnanzi alla richiesta di «un paio di settimane» ne ha accordata una.
Il capo dello Stato non poteva accettare l’idea che i partiti scaricassero sulle istituzioni le loro tensioni politiche, e che il Quirinale venisse trasformato in una sorta di parafulmine, in attesa di regolare i conti con il voto delle Regionali e delle Amministrative. Perché le scadenze europee e l’emergenza internazionale dettata dalla situazione in Siria impongono di velocizzare la soluzione della crisi. C’è la necessità di sapere se Lega e M5S hanno una posizione comune in politica estera, se hanno intenzione di cambiare la storica linea atlantista dell’italia. Poco interessa se Salvini ha deciso di lanciare il proprio candidato a sindaco di Terni, prendendo in contropiede gli alleati.
A un passo dal traguardo, leghisti e grillini si mostrano in affanno. E non sarà irrilevante la scelta di Mattarella se il secondo giro di consultazioni si concluderà con una fumata nera. Certo, un conto
L’incognita Pd
Renzi può ancora fare la mossa del cavallo: ha soltanto un problema di timing
sarà decidere per un mandato esplorativo, altra cosa affidare un pre-incarico: in entrambi i casi la strada per arrivare a Palazzo Chigi si fa dura per Di Maio, mentre Salvini ha la carta di riserva, cioè Giorgetti, che è stato apposta preservato dalla presidenza della Commissione speciale.
Ma i giochi potrebbero ancora clamorosamente cambiare. E non solo perché tra i Cinque Stelle si notano vistose crepe e il centrodestra, addirittura, ancora ieri non sapeva cosa andare a dire oggi al Quirinale. Se il Pd rompesse gli indugi e decidesse la mossa del cavallo, salterebbe ogni schema. Renzi ha solo un problema di timing: se lo sbagliasse sarebbe un disastro, altrimenti spariglierebbe gli schemi e si riaprirebbe tutto. Non era forse il renziano Giacomelli a dire giorni fa che «a me Giorgetti premier andrebbe benissimo»?