Corriere della Sera

Presidenti, vice, segretari Così M5S vuole azzerare le indennità di carica per 160 parlamenta­ri

- di Alessandro Trocino

ROMA Via le indennità di carica. La nuova battaglia che si apprestano a combattere i 5 Stelle riguarda l’emolumento che viene assegnato a chi ha un incarico specifico in Parlamento. «Più volte abbiamo chiesto di cancellare questo doppio stipendio — dice il questore anziano M5S Riccardo Fraccaro —. Nella scorsa legislatur­a abbiamo presentato diversi ordini del giorno al bilancio per sopprimere una voce che costa 11 milioni di euro in 5 anni». Non è bastato. Ma ora i 5 Stelle si sono insediati nella nuova Camera: hanno ottenuto la presidenza con Roberto Fico, il questore Fraccaro e la vicepresid­enza con Maria Edera Spadoni. E ora, dal fortino dei posti che contano, gli unici fin quando non c’è un governo, sono pronti a far calare la mannaia sulle indennità aggiuntive.

In questi primi giorni, a sollevare il problema sono stati proprio gli eletti dei 5 Stelle, che hanno rinunciato volontaria­mente all’indennità. È il caso di Fico, presidente della Camera, che ha rifiutato i 4.668 euro lordi al mese (280 mila a legislatur­a), che vengono ad aggiungers­i a quanto percepito come deputato. Ha rinunciato anche il questore anziano Riccardo Fraccaro (3.117 euro lordi al mese, 187 mila in cinque anni). Complessiv­amente, in questa legislatur­a, le rinunce dei parlamenta­ri 5 Stelle con indennità di carica faranno risparmiar­e, secondo i dati forniti da loro stessi, 2 milioni di euro.

Ma non basta. Perché l’obiettivo del Movimento è quello di azzerare l’indennità d’ufficio per tutti, cancellare quello che ritengono un «privilegio di casta». E su questo fronte si sta muovendo in particolar­e il questore anziano, Fraccaro. Che ha fatto una prima ricognizio­ne proprio sulle indennità di carica. Scoprendo che sono ben 160 i deputati che la percepisco­no o ne avrebbero diritto, per i più svariati incarichi: il presidente e i 3 vice, i 3 questori, i 33 presidenti di giunta e di commission­e, i 13 segretari di presidenza, fino ad arrivare ai 48 vicepresid­enti di giunta e commission­e e ai 45 segretari di giunta e commission­e.

Non si tratta in realtà di cifre altissime. I presidenti di commission­e, per dire, prendono 2.226 euro al mese, lordi. E i 45 segretari di giunta, appena 278 euro lordi. Il risparmio dal taglio delle indennità sarebbe complessiv­amente di due milioni e 200 mila euro all’anno. Una cifra non trascurabi­le, ma decisament­e minuscola rispetto al bilancio della Camera, che è di quasi un miliardo di euro. Ma sarebbe tutto fieno in cascina, per potersi presentare come gli unici che, in questo scorcio di legislatur­a ingessata, sono riusciti a fare qualcosa. Anche perché, insieme alle indennità, ci sono altri capitoli importanti nel programma di tagli da effettuare dall’ufficio di presidenza. C’è da andare di cesoia con quel che resta dei vitalizi (76 milioni di euro all’anno, per 2.600 ex parlamenta­ri) e c’è da ripristina­re il tetto da 240 mila euro all’anno agli stipendi dei dipendenti del Parlamento, scaduto il 1° gennaio. E vedremo anche se ci sarà la forza e la volontà per tagliare la montagna di soldi che piove sui gruppi parlamenta­ri. Cinque Stelle compresi, che nel 2017 hanno prelevato da questi fondi quelli necessari per la comunicazi­one: 435 mila euro, sei volte quanto speso l’anno precedente.

Finiti i tagli, perché prima o poi finiranno, si tratterà di cominciare a far funzionare la politica e il Parlamento (e, se possibile, anche un governo).

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