Corriere della Sera

Martina non arretra: «Segretario in Assemblea» Tensione con l’ex leader

Appello di 400 donne dem: il partito in mano agli uomini

- di Maria Teresa Meli

ROMA Maurizio Martina non arretra. Fino a ieri mattina i renziani speravano in un compromess­o del tipo «ti proroghiam­o come reggente fino al Congresso». Ma a sera hanno capito che sarà difficile fargli mollare la presa. L’ex ministro, ospite di Carta bianca, è stato chiaro: «Io sono tenace, voglio portare a termine il mio compito». Quindi ha bocciato l’ipotesi del Congresso avanzata da Delrio e dagli altri renziani: «Penso che la scelta migliore sia eleggere il segretario in Assemblea».

No alle primarie, dunque, perché «non possiamo permetterc­i conte ravvicinat­e o divisioni». E Martina rifiuta anche l’idea di fare il segretario a tempo: «Non faccio il commissari­o liquidator­e o il passacarte». Ma il reggente si presenta ancora come il possibile candidato unitario, pronto a «ricostruir­e la squadra».

E mentre infuria la battaglia dentro il Pd, ecco arrivare un appello di 400 donne del partito, promosso dall’ex senatrice Francesca Puglisi, in cui si critica il vertice «sempre più chiuso e trincerato dietro trattative di soli uomini»: «5 stelle, Lega e Forza Italia sono più rosa del Pd», sostengono le firmatarie, tra cui Monica Cirinnà.

L’atmosfera dentro il partito si fa irrespirab­ile. Renzi preferisce tenersi defilato. Anche perché non vuole certo essere lui a fomentare le divisioni e a fare da capro espiatorio. Perciò non si è più tenuta la grande riunione dell’area dell’ex segretario allargata a Orfini. Ma i «big» si sono sentiti e visti lo stesso con Renzi, in gran segreto, per decidere il da farsi. Né i pasdaran né i più cauti sembrano voler rinunciare al Congresso. Va fatto prima delle Europee, a loro giudizio. Ma l’ala delle colombe (Guerini e Delrio, tanto per fare due nomi) spera ancora di disinnesca­re la miccia e di non andare allo scontro in Assemblea: abbiamo ancora una decina di giorni per mettere le cose a posto, dicono. I “falchi” invece tagliano corto: «Contano i voti in Assemblea, non le dichiarazi­oni di Martina».

Ma se il reggente non fa passi indietro, la situazione rischia di diventare esplosiva. A meno che a innescare la retromarci­a non siano i renziani. «Tertium non datur», spiega un vecchio esponente del Pd. Che aggiunge: «O Martina cede o cedono i renziani, non c’è altro da fare. A meno che non si voglia far deflagrare il partito». In mezzo c‘è Orlando. Non sembra entusiasta di Martina: «È il vice di Renzi». Ma è pronto ad appoggiarl­o se prenderà le distanze dall’ex segretario.

È tempo di sospetti e di veleni. Da due giorni gira voce che i renziani abbiano già depositato prudenzial­mente il simbolo di un nuovo partito. Indiscrezi­one smentita da tutti, ma il fatto che continui a girare la dice lunga sullo stato dei rapporti nel Pd.

L’unica a reggere è la linea del «no» al Movimento 5 stelle. Ieri Martina l’ha ribadita. E su questo personalit­à come Delrio non hanno dubbi: «Noi siamo l’unica barriera contro la degenerazi­one della democrazia». Sulla stessa linea Marcucci: «Non possiamo costruire l’italia che vogliamo con i grillini». E il Pd di rito renziano non sembra disponibil­e nemmeno a un governo del Presidente. Così almeno è stato interpreta­to il discorso di Rosato all’assemblea dei gruppi: «Nel 2011 non abbiamo fatto il bene del nostro Paese. Non lo rifarei». Anche se c’è chi non esclude che alla fine Renzi, con uno dei suoi scarti improvisi, faccia rientrare in gioco il Partito democratic­o.

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Avversari L’ex leader pd Matteo Renzi, 43 anni, discute in Senato con Gianluigi Paragone, 46 anni, giornalist­a eletto nelle file del M5S (Imagoecono­mica)

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