Silenzi, ammissioni Il bis (più sofferto) del signor Facebook
L’audizione alla Camera: «Violati anche i miei dati »
WASHINGTON L’audizione bis di Mark Zuckerberg, davanti alle Commissioni Commercio ed Energia della Camera, è stata decisamente più sofferta rispetto all’esordio del giorno prima al Senato. Il fondatore e amministratore delegato di Facebook si è trovato spesso in difficoltà, se non in imbarazzo. A un certo punto Anna Eshoo, democratica della California, ha domandato: «Signor Zuckerberg, anche il suo account è stato violato?». Attimi di esitazione e poi la risposta, clamorosa: «Sì».
Evidentemente Zuckerberg e il suo staff pensavano che la replica di ieri fosse solo una formalità, che sarebbe bastato ripetere le litanie di scuse, contrizione e buoni propositi per chiudere la pratica e tornare a casa, nella sede bunker di Menlo Park, in California.
Ma non è questa la dinamica tra i due rami del Parlamento americano. I deputati hanno archiviato l’atto di dolore e sono andati al nerbo della questione. Facebook è in grado di recuperare da sola la fiducia degli utenti? Può garantire la tutela piena dei dati? Saprà evitare che società terze, come Cambridge Analytica, si impossessino dei profili per rivenderli all’insaputa dei diretti interessati? La risposta sostanziale è chiara: «no». Alla fine anche il fondatore del social con due miliardi di iscritti ha dovuto ammettere: Facebook farà il possibile, «ma è inevitabile che ci sarà bisogno di una qualche regolamentazione».
Nel corso del confronto è stato più volte citato il Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio. È una normativa capillare, con multe pesanti per le società che non comunicano ai clienti come saranno usate e custodite le informazioni personali. Come già aveva fatto al Senato, Zuckerberg, ha riconosciuto «l’utilità di un confronto» sul modello europeo, «un passo molto positivo per Internet», anche «se bisogna stare attenti ai dettagli».
L’iniziativa, adesso, è nelle mani del Congresso. Martedì 10 aprile due senatori democratici Edward Markey e Richard Blumenthal hanno presentato un disegno di legge che adotta alcuni principi del Regolamento europeo. In particolare la norma, chiamata «Consent», imporrebbe alle piattaforme come Facebook di ottenere il consenso degli utenti, prima di «trattare» i profili personali per qualsiasi scopo.
A Capitol Hill, però, non mancano gli scettici, come il deputato democratico del New Jersey, Frank Pallone: «Ho visto queste scene decine di volte. Facciamo le audizioni e poi non succede niente». Piccola verifica empirica con un passaggio nell’ufficio del senatore Markey: «Quante adesioni avete raccolto al disegno di legge?». Risposta di una componente dello staff: «Per ora nessuna».
I dubbi dei deputati
Molti sono scettici sull’esito del confronto E il disegno di legge per ora non ha adesioni