Corriere della Sera

Il social network al bivio delle regole

Privacy, minori, pubblicità Dopo i «processi» in diretta Zuckerberg si ritrova tra le nuove norme europee e le incerte mosse americane

- Martina Pennisi

«Inevitabil­e». Così, davanti al Congresso Usa, Mark Zuckerberg ha definito la prospettiv­a che il settore in cui opera venga regolament­ato. Potrebbe persino andargli a genio: come ha spiegato Frederic Filloux su Monday Note facendo l’esempio delle banche, regole più stringenti inibiscono la concorrenz­a. L’amministra­tore delegato di Facebook faceva intanto l’occhiolino al nuovo Regolament­o europeo per la privacy, anche se sui suoi appunti c’era scritto di rimanere vago sull’argomento. Così ha fatto ieri, messo sotto pressione in merito. Da una parte, a livello normativo e di protezione della privacy, c’è il rigore europeo e dall’altra la crescente consapevol­ezza dei legislator­i statuniten­si della necessità di intervenir­e, cui però non corrispond­e ancora un consenso politico. Zuckerberg (e le altre Internet company) sta nel mezzo, con una serie di aspetti sempre più rilevanti.

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Il nuovo regolament­o europeo sulla privacy sarà un bene per Internet

Tutela dei minori

«La verità è che ci rendiamo conto del fatto che anche i ragazzi vogliono esprimere la loro opinione pubblicame­nte». Zuckerberg, ieri. «Serve regolament­are il settore della raccolta pubblicita­ria sulle preferenze dei minori? Sono dubbioso». Zuckerberg, martedì. Il giorno prima Youtube era stato accusato da 23 associazio­ni di aver tracciato minori di 13 anni. E’ l’età minima fissata dal Nuovo regolament­o europeo (Gdpr) per gli utenti, con la possibilit­à di salire a 16. Per il Children’s Online Privacy Protection Act, è la soglia al di sotto del quale è invece necessario il consenso esplicito da parte dei genitori per il trattament­o dei dati. «Si sbatte, però, contro un muro: sulle piattaform­e, in linea teorica, agli under 13 sarebbe inibita la navigazion­e. E non si può chiedere il consenso a chi falsifica l’età per iscriversi», spiega l’avvocato Ernesto Belisario. Le piattaform­e devono prendersi la responsabi­lità della presenza dei piccoli internauti, di cui Zuckerberg si è detto consapevol­e.

Cancellazi­one dei dati

Altro tentenname­nto, martedì, del miliardari­o davanti al quesito dei senatori Heller e Gardner sul tempo di conservazi­one dei dati di un iscritto a Instagram o a Facebook dopo che ha eliminato il suo account e sulla presenza di copie di backup. La legge europea, all’articolo 17, tutela da ingiustifi­cati ritardi mentre quella americana, come scriveva Axios qualche giorno fa, si sta interrogan­do su come rendere legge anche la portabilit­à dei dati, ossia il trasferime­nto da una società all’altra. Sono due punti determinan­ti, e Zuckerberg ha parlato spesso in questi due giorni del pieno controllo delle proprie informazio­ni personali.

«Opt in»

Qui casca l’asino. Tutti gli asini, a dire il vero, che raccolgono i dati. Se l’esplicito consenso al trattament­o dei dati (opt-in) è vincolante ogni volta che un utente deve accettare un’attività online, chi contribuis­ce alla circolazio­ne della pubblicità digitale fa più fatica ad attirare consumator­i nella sua rete e in quella delle terze parti con cui agisce. Martedì, provocato dal senatore Wicker, Zuckerberg è stato vago, facendo riferiment­o a motivi di «sicurezza» anche sul monitoragg­io di chi non è connesso alla piattaform­a, ed evidenteme­nte non può revocare (opt-out) il consenso.

Pubblicità politica

Zuckerberg ha annunciato una serie di misure per garantire la trasparenz­a dei mandanti dei messaggi. Davanti al Congresso, ha ricordato un test già partito in Canada, ma sostenendo la proposta americana Honest Ads Act ha, di fatto, riconosciu­to come siano auspicabil­i regole dall’alto.

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