Corriere della Sera

Non esce più per lo stalking dei bulli Il papà: le denunce non li fermano

Ferrara, il 13enne rapinato e minacciato. «Non dorme e va da una psicologa»

- DALLA NOSTRA INVIATA Giusi Fasano

FERRARA «Mi sto battendo per far capire a mio figlio che l’unica strada possibile è credere nelle istituzion­i e nella legge. Ma mi rendo conto che nella sua testa quello che gli spiego sulla legalità fa un po’ a pugni con quello che sta succedendo».

Siamo nello studio di un profession­ista nel centro di Ferrara. Chi parla è il padre di un ragazzino di 13 anni. E «quello che sta succedendo» è che da un mese a questa parte suo figlio ha perso il sonno e la tranquilli­tà. «Lo sentiamo alzarsi in piena notte, non vuole più andare da nessuna parte se non c’è un adulto che lo accompagna, vive perennemen­te con la sensazione che da un momento all’altro arrivi qualcuno a fargli del male e abbiamo dovuto chiedere aiuto a una psicologa...».

Tutto questo da quando nella sua vita sono arrivati i bulli di una banda capeggiata da un ragazzetto più grande di lui di un paio d’anni. Ma bulli forse non è la parola giusta perché, sempre per dirla con il padre della vittima, «agiscono da piccoli criminali, più che da bulli». Qualche esempio? «Siamo entrati in questa storia con una rapina e una tentata estorsione per arrivare alle minacce di morte, alla violenza privata, allo stalking. Finora ho firmato cinque denunce e dopo la prima, invece di migliorare, le cose sono peggiorate. Mio figlio segue i consigli e gli insegnamen­ti miei e di mia moglie ma ogni tanto se ne esce con quella consideraz­ione: papà, se avessimo pagato i 50 euro ora non avrei paura a uscire di casa...».

I cinquanta euro in questione erano il riscatto che la banda dei cattivi gli aveva chiesto per riavere indietro il telefonino rapinato un giorno di metà marzo. Il ragazzino aveva visto i bulli prendersel­a con suo fratello più piccolo e un altro amico e li aveva affrontati. Erano in tre, fra i quali un quattordic­enne della sua stessa Le denunce

presentate dai genitori di un tredicenne di Ferrara vittima di una banda di ragazzini scuola, tutti conosciuti fra gli adolescent­i della città come «quelli della banda del sotto Mac» per via del loro luogo di ritrovo: i portici sotto il Mcdonald’s.

Il giorno del telefonino il ragazzino arrivò a casa e raccontò tutto ai genitori che firmarono il primo verbale dai carabinier­i. Da allora è stato un crescendo di pressioni e minacce al figlio del profession­ista, sempre più spaventato. «Se non ritiri la denuncia finisce male. Ti riempio di botte fino ad ammazzarti» gli avrebbe detto uno dei suoi tre persecutor­i che si è presentato davanti alla scuola a cercarlo e ha provato più volte ad avvicinarl­o.

Le denunce si sono moltiplica­ti e adesso, appunto, sono cinque, anche se in Procura non sono ancora arrivate tutte. «Faremo quello che c’è da fare e in tempi ridotti al minimo possibile» assicura Silvia Marzocchi, a capo della Procura minorile di Bologna.

Il padre della vittima dice che «mi aspetto che firmino quantomeno un divieto di avviciname­nto a mio figlio. E poi — aggiunge — c’è un problema di pericolosi­tà sociale: botte, minacce, coltelli, estorsione e qualcuno parla di spinelli...». L’altro giorno è stato lui a dire al ragazzino: «Esci un po’ con i tuoi amici, non è giusto che tu stia a casa per paura». È uscito. Con suo padre che lo controllav­a a distanza.

L’aggression­e

Era intervenut­o per difendere il fratellino più piccolo e un amico che erano accerchiat­i

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