Via libera della Consulta ai sindacati per i militari
La decisione della Consulta è stata subito comunicata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il comandante delle nostre forze armate. Una decisione storica: cade il divieto per i militari di costituire associazioni sindacali. Ieri, infatti, la Corte Costituzionale ha dichiarato «parzialmente fondata» la questione di legittimità del Codice militare nella parte in cui vieta a soldati, avieri, marinai, carabinieri e finanzieri di costituire associazioni professionali a carattere sindacale. A sollevare la questione davanti alla Consulta era stato il Consiglio di Stato nel maggio del 2017. I giudici amministrativi, in un’ordinanza, sostenevano che il divieto in questione era «in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con la Carta sociale europea». Nell’ordinanza, però, il Consiglio di Stato non mancava neppure di sottolineare l’importanza di non far venire meno le «norme volte ad assicurare la coesione interna e la neutralità delle forze armate».
Attesa una legge La materia passa al legislatore, per ora valgono le norme attuali
Perciò, la Consulta ieri ha stabilito che «la specialità di status e di funzioni del personale militare impone il rispetto di restrizioni» e non solo il divieto di «aderire ad altre associazioni sindacali». Così, la palla ora passa al legislatore. Ma fin quando il governo non interverrà, varranno ancora le norme previste attualmente per le rappresentanze sindacali militari. «La Consulta ci ha aperto solo una finestrella, ciò che aspettiamo da anni è una riforma vera della rappresentanza militare», questo il commento un po’ scettico di un delegato della sezione carabinieri del Cocer
(il Consiglio Centrale di Rappresentanza) Interforze. «Ora — conclude — potremo chiedere al ministero della Difesa di autorizzarci un’associazione e in quanto tale, da esterni, non più da interni all’amministrazione, forse un giorno avremo più voce in capitolo al tavolo dove si discutono i rinnovi dei contratti. Potremo interagire direttamente con parlamentari, sindaci, autorità locali. E infine potremo anche parlare con i giornalisti senza più chiedere l’anonimato, per non incorrere in qualche pratica disciplinare...».