Corriere della Sera

E Marsilio Ficino recuperò la spirituali­tà ebraica

Guido Bartolucci (Paideia) analizza l’opera di uno dei maggiori esponenti del filone umanista fiorentino

- Di Marco Rizzi

Èormai diventato un luogo comune l’affermazio­ne secondo cui le radici della civiltà europea sarebbero, al tempo stesso, greco-latine, cristiane ed ebraiche.

È anche possibile individuar­e il momento preciso in cui si è costituita questa triplice eredità nella forma in cui ancora oggi la conosciamo. Essa è infatti il frutto della riscoperta, accanto a quella dei classici, della tradizione ebraica ad opera degli umanisti fiorentini del XV secolo, tra cui spicca il pensatore Marsilio Ficino. È costui, infatti, che per primo propone la conciliazi­one non solo tra la filosofia greca, specie quella platonica, e il cristianes­imo, ma anche con il più antico strato della sapienza ebraica risalente ai patriarchi, che Ficino ritiene di ritrovare in alcuni elementi della qabbalah medievale.

L’interesse di Marsilio, osserva Guido Bartolucci nel libro Vera religio (Paideia), nasceva dal tentativo di ripensare la tradizione teologica e spirituale cristiana, di cui si avvertivan­o nitidament­e i segni di una crisi destinata ad esplodere drammatica­mente nel secolo successivo. Al momento, però, prevaleva ancora l’idea che un rinnovamen­to della Chiesa fosse possibile e che a questo fine la dimensione intellettu­ale potesse risultare decisiva.

Così, di lì a poco sarà Pico della Mirandola a sviluppare appieno l’idea di una originaria sapienza (la prisca theologia) di cui il cristianes­imo rappresent­a certo il culmine, ma cui a buon diritto appartengo­no anche ebraismo e classicità.

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Mosè visto da Rembrandt (1606-1669)

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