Corriere della Sera

Il Silvio a lato

- Di Massimo Gramellini

Ci ha provato. Uscendo dallo studio del Presidente con gli alleati, Silvego Berlusconi si è acconciato a svolgere l’umile ruolo di presentato­re della nuova popstar Matteo Salvini. Senonché, mentre il leghista parlava, ha guardato dentro un televisore e si è reso conto di occupare la parte esterna dell’inquadratu­ra. Non gli era mai successo. Il socio di maggioranz­a era sempre stato lui, fin da quando vendeva i temi a scuola e gli appartamen­ti nella brughiera. Invece in quel momento gli toccava farsi di lato per ascoltare in silenzio un ragazzone incapace di indossare una giacca tre bottoni come si deve.

Sulle prime ha chiuso gli occhi, sperando si trattasse di un incubo. Poi si è toccato la cravatta e ha dondolato la testa, finché il desiderio di tornare a capotavola ha prevalso su qualsiasi consideraz­ione di opportunit­à politica. Ha cominciato a sbirciare il foglio che Salvini stava leggendo e a scandire i passaggi del discorso con le mani, talmente in fretta che ha sfoderato sette dita quando l’oratore era ancora fermo al punto sei. Finite le dita, si è messo a fare le facce, commentand­o la prosa dell’usurpatore con sbuffi e smorfie, e mimandone il labiale in una sorta di doppiaggio silenzioso, affinché tutti capissero che quelle parole le pronunciav­a l’altro, ma le aveva scritte lui. Poi non ha più resistito: ha spinto Salvini e la Meloni verso l’uscita ed è tornato indietro per tuffarsi tra i microfoni. L’unico modo che gli resta di essere primo è di essere solo.

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