Salvini irritato dal leader di FI «Spero nel Vinitaly c’è anche Di Maio»
Domenica entrambi saranno alla fiera di Verona «Sediamoci tutti a un tavolo sul programma»
MILANO «Ma va?...». Matteo Salvini è uscito dal Quirinale da qualche minuto soltanto e s’incammina a piedi. Nel lasciare la sala ha preceduto Silvio Berlusconi — che ha scostato lui e Giorgia Meloni — e dunque non ha assistito bene allo show anti 5 Stelle del fondatore di Forza Italia. E così, chiede di conoscere le parole del Cavaliere: «Ma davvero ha detto quello?» chiede. Rimane silenzioso qualche istante e poi, senza troppa enfasi, commenta: «Strano, quel che avevamo concordato mi pareva un po’ diverso... ». E cioé, un’apertura ai 5 Stelle. Non nuova, per Salvini. Ma resa più solenne dal contesto — il Quirinale all’uscita dalle consultazioni del capo dello Stato — e anche dal fatto che il segretario leghista ha appena ricevuto il massimo dei riconoscimenti pensabili da parte di Silvio Berlusconi: «Il nostro leader» aveva detto il presidente azzurro parlando del segretario leghista.
Tutto era andato bene, fino a quel momento. Anche il vertice a Palazzo Grazioli, la residenza del Cavaliere, si era svolto in un clima «cordiale». Giorgia Meloni aveva lanciato la sua proposta: e cioé, che il centrodestra parlasse con la sola voce di Salvini. E il suggerimento era stato accolto dallo stesso Berlusconi.
La nota letta dal leader leghista era stata scrupolosamente concordata con gli alleati. Anche la formulazione utilizzata da Salvini per rivendicare la premiership: il presidente del Consiglio per il centrodestra deve essere «indicato dalla Lega». Ma il segretario si stupisce dello stupore: «Era semplicemente un modo per evitare i personalismi». Come dire: dato che Di Maio «continua con il suo io, io, io... volevo segnare una differenza, il senso collettivo e non legato a una persona».
Eppure, tra le ipotesi continua a circolare quella di un preincarico al braccio destro di Salvini, Giancarlo Giorgetti. Il suo non aver assunto la presidenza della Commissione speciale può suggerire che gli si vogliano lasciare le mani libere in considerazione della stima di cui gode. Ma in campo c’è anche il mandato esplorativo e istituzionale per la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati.
La speranza leghista è che il secondo giro di consultazioni smuova i 5 Stelle: «Ho detto al presidente Mattarella che se i 5 Stelle ci sono, il lavoro può partire» spiega Salvini. Giusto ieri, Di Maio ha conferito al professore Giacinto Della Cananea l’incarico di esaminare i programmi leghisti e del Pd per trovare punti di contatto e differenze. Salvini è scettico: «Non credo che serva uno scienziato. Quello che sarebbe utile sarebbe il sederci intorno