«Questa cosa proprio non me l’aspettavo» Ma il capo del M5S non chiude la partita
Il leader rivendica ancora una «sinergia istituzionale» con la Lega: «Ride bene chi ride ultimo»
Un paio d’ore dopo la fine dell’incontro al Quirinale, Luigi Di Maio riunisce i suoi a Montecitorio e fa il punto di una giornata difficile: «Questa cosa proprio non me l’aspettavo», dice. Che i 5 Stelle siano rimasti spiazzati dalle consultazioni al Quirinale, e dal siparietto di Silvio Berlusconi, lo si era intuito anche dall’attesa inconsueta dopo la fine dell’incontro con il capo dello Stato. Lunghi minuti nel salottino d’attesa, per discutere e limare ogni parola del discorso. Poi i volti tesi, senza neanche uno dei sorrisi che avevano puntellato il primo discorso, e le parole ai giornalisti.
dFredde, senza spiragli, per esprimere la delusione e rivendicare una posizione inflessibile. Eppure i dubbi su questa ricostruzione di facciata rimangono. Perché, se apparentemente la giornata ha segnato un passo falso sulla via del governo, non è detto che molto di quanto accaduto non sia un gioco delle parti o comunque frutto di un’intesa che prevede uno smarcamento progressivo da Berlusconi. Consentendogli di salvare la faccia e di traghettare la Lega, magari insieme a una parte di Forza Italia deberlusconizzata, in un esecutivo a guida M5S. Di Maio è ancora convinto
Le parole di Salvini M5S attento all’apertura nella nota concordata da Salvini con Berlusconi
di farcela ed è convinto di riuscire a portare dalla sua parte Salvini, volente e nolente. Per questo, a fine serata, a chi gli dice «è stata dura oggi, ci hanno dato una bella mazzata», replica: «Ride bene chi ride ultimo».
Quello che è certo è che, mentre con la Lega Di Maio rivendica «una sinergia istituzionale», sulla figura del leader di Forza Italia da giorni è in atto un braccio di ferro. L’escalation è cominciata con le parole durissime, a freddo, di Alessandro Di Battista («È il male assoluto»). Attacco a Di Maio, sospettato di cedimenti? O ennesimo gioco delle parti? Gli stessi capi delegazione, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, provvedono ad alzare il livello dello scontro, a
pochi minuti dalla consultazione, con una nota ultimativa: «Mai un governo con Berlusconi e FI. Forza Italia potrebbe risolvere l’impasse facendosi di lato e consentendo così un governo M5s-lega». Perché scegliere di inasprire i toni prima dell’incontro? E perché non distinguere Forza Italia da Berlusconi?
Domande che restano senza risposta. A parte quella che dà Berlusconi, che avverte Salvini di «stare molto attento alle singole parole, perché sulle parole abbiamo discusso abbastanza». E se è vero questo, se è vero che il comunicato letto da Salvini «è stato scritto da Berlusconi» (come fa sapere Renato Brunetta), allora anche il Cavaliere concorda con un’alleanza con i 5 Stelle. E li sdogana, per la prima volta (anche se alla fine, con il coup de théâtre, li accusa di essere antidemocratici). Certo, parla di alleanza «senza veti». Ma, a proposito di parole cesellate, Salvini non dice un governo guidato dalla Lega, ma da «una personalità indicata dalla Lega». «Indicata». E a rigore Salvini potrebbe indicare chiunque, perfino Di Maio. Sofismi, probabilmente. Ma tutta la partita si gioca su questo e i 5 Stelle provano ad aggrapparsi a tutto.
E certo, c’è l’arrabbiatura. Speravano che Salvini si liberasse più in fretta di Berlusconi. Ma c’è anche un ottimismo, chissà quanto fondato. Confidano nel «passo di lato» del leader di Forza Italia. Non «indietro», ma «di lato». Esattamente come quello fatto da Beppe Grillo, che è ancora nel Movimento, ma da padre nobile. «Non durerà neanche tre giorni il centrodestra unito», fanno sapere.
Se fallisse anche questa manovra, non resterebbe altra strada che le urne. Il Pd è stato usato per alzare il prezzo con Salvini, ma si sapeva sin dall’inizio che non si andava da nessuna parte. E allora ci si predispone, salvo interventi ultimativi del Quirinale, a qualche giorno ancora di trattativa. Aspettando le Regionali del 29 aprile in Friuli, che potrebbero dare un altro colpo a Berlusconi, e nel frattempo rivendicando un grande attivismo sul fronte del taglio dei costi della politica, utili per rincuorare le truppe dal rischio di sbandamenti proprio sul traguardo. Per questo Riccardo Fraccaro annuncia che si abolirà l’indennità di incarico per 160 parlamentari e che in due settimane si interverrà sui vitalizi agli ex parlamentari. Due settimane. Il tempo per arrivare al 30 aprile, guarda caso proprio la data entro la quale il professor Giacinto Della Cananea, incaricato da Di Maio, dovrà consegnare la relazione sui punti in comune con Pd e Lega sui quali formare il «contratto» di governo. Quale governo e con chi, ancora non si sa.