Corriere della Sera

Gli attacchi e le retromarce Il caos come unica bussola alla Casa Bianca di Donald

Un funzionari­o: «I tweet? Sono solo punti di partenza...»

- Di Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Mercoledì sera, 11 aprile: un giornata qualsiasi di caos ordinario nella Washington di Donald Trump. Nel giro di poche ore i parlamenta­ri repubblica­ni si trovano prima a elogiare il presidente, anzi, lo «Statista» (finalmente), che ha deciso di punire Bashar al Assad; ma subito dopo a ipotizzare affannosam­ente una legge ombrello per proteggere il Super procurator­e Robert Mueller che lo «Statista» di cui sopra vorrebbe licenziare, facendo precipitar­e il Paese in una crisi costituzio­nale senza precedenti. Alle 6.30 di ieri «The Donald» si alza con un’idea diversa sulla Siria: non si bombarda più, anzi forse solo un po’, vediamo...

Nel frattempo torna a dedicarsi alle indagini sulle sue questioni personali. L’inchiesta di Mueller è un aspirapolv­ere sempre più gonfio di qualsiasi cosa. Da ultimo ha inghiottit­o le carte sequestrat­e nell’ufficio e nella camera d’albergo di Michael Cohen, avvocato e custode trentennal­e dei segreti di Trump: i mercantegg­iamenti con pornostar e modelle, le transazion­i d’affari e, probabilme­nte, anche i veri conti finanziari del gruppo, tasse e debiti compresi.

E il presidente un giorno promette di mandare via tutti dal Dipartimen­to di Giustizia; un altro, ieri nello specifico, pare disposto a «collaborar­e» con il Super procurator­e.

L’anno scorso, proprio di questi tempi, il Washington Post pubblicò una vignetta rimasta insuperata. Trump è appena tornato dal viaggio in Arabia Saudita: banchetti e danza delle spade. E adesso è seduto nello Studio Ovale, mentre agita la scimitarra-ricordo, rompendo tutto.

Difficile dire se Trump persegua consapevol­mente «la strategia del caos» o se, sempliceme­nte, non sappia fare altro che quello. Il risultato, comunque, non cambia. Qualche settimana fa un funzionari­o del Dipartimen­to di Stato raccontava al Corriere: «Tutta l’amministra­zione comincia la giornata con i tweet del Presidente. Ma praticamen­te nessuno li considera degli ordini esecutivi. Piuttosto li vediamo come il punto da cui partire per arrivare alle scelte più importanti».

È lo schema che sta adottando il capo dello staff, il generale John Kelly. Si inizia da una sparata, da un’iperbole trumpiana e, piano piano, ragionando nel concreto si arriva a una soluzione più congrua con gli standard di governo. Probabilme­nte sta andando così anche sulla Siria: in 24 ore la Casa Bianca è passata «dai missili belli e intelligen­ti» a una cauta ricognizio­ne delle opzioni militari.

Il problema è che i filtri si logorano con una rapidità impression­ante. Trump, ormai si è capito, non sopporta la marcatura troppo stretta. «Lui vuole gestire, non essere gestito», ha sintetizza­to con la Cnn Roger Stone, brillante lobbista conservato­re, sodale da almeno trent’anni del costruttor­e newyorkese.

Ora è il momento del gabinetto di guerra, con l’ex ambasciato­re Onu John Bolton consiglier­e per la sicurezza nazionale e Mike Pompeo in arrivo come segretario di Stato, che ieri si è presentato al Senato per l’audizione di conferma con queste parole: «La guerra è l’ultima risorsa». Secondo le prime indiscrezi­oni, Bolton sarebbe già entrato in collisione con Mattis. Ma vedremo: è solo l’esordio dell’ennesima rivoluzion­e. Tra i generali al potere resiste, per ora in modo gagliardo, solo il capo del Pentagono, James Mattis, mentre la posizione di Kelly vacilla. Persino i pupilli del presidente girano a vuoto. Nel pieno della crisi siriana, Trump ha spedito la figlia Ivanka, in teoria sua prima consiglier­a, e il marito Jared Kushner, «l’uomo giusto» per risolvere i conflitti mediorient­ali, in…perù. Terranno compagnia al vicepresid­ente Mike Pence, nell’inutile (visto che Trump non ci sarà) Vertice delle Americhe. Intanto il repubblica­no Paul Ryan, Speaker della Camera, non correrà nelle elezioni del 2018. «Passerò più tempo con i miei figli» Ma ha 48 anni e molti tra i conservato­ri pensano a lui come «alternativ­a al caos», nelle presidenzi­ali del 2020.

Consiglier­i girevoli

È il momento di Bolton e Pompeo. Ivanka e il marito Jared Kushner sono stati spediti in Perù

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