Pennarelli, cornici di pane, star della tv E Macron parla di guerra in una scuola
Nella panetteria di Berd’huis, il fornaio pasticcere David Helary ha preparato due cornici di croccante per abbellire le foto di Emmanuel Macron e di Jean-pierre Pernaut, e non è quella del presidente la più grande. «Io sono venuta per vedere Jean-pierre, mica Macron», dice Annette, una signora sulla sessantina irritata perché fotografi e cameramen venuti da Parigi, con le loro antenne telescopiche per i microfoni, le impediscono di avvicinare il suo idolo.
Inconvenienti di una operazione di comunicazione, pur brillante. Per celebrare il primo anno all’eliseo, e parlare ai francesi in un momento delicato della vita del Paese, tra riforme e proteste, Emmanuel Macron ha voluto farsi intervistare in una scuola elementare da Jean-pierre Pernaut, da trent’anni conduttore del tg delle 13 della rete Tf1. Pernaut è un’istituzione non solo della tv, ma di tutta la Francia che non si riconosce e anzi detesta un po’ Parigi e la sua boria. Ben prima della contrapposizione contemporanea tra popolo e élite, in Francia esiste quella tra provincia e Parigi, e Pernaut è da sempre l’aedo della prima.
I suoi telegiornali regolano in fretta i temi di attualità, specie internazionale, per dedicarsi ai servizi preferiti: le previsioni del tempo, il formaggiaio eletto migliore artigiano di Francia, la vendemmia, il record della frittata con più uova e la migliore andouillette. Nessun invitato di prestigio, semmai microfono aperto per gli utenti delle ferrovie che si lamentano dei ritardi e degli scioperi. Ecco perché Michel Houellebecq ha fatto di Pernaut un personaggio del suo romanzo La Carta e il Territorio, ed ecco perché Macron — il più urbano di tutti i presidenti della Quinta Repubblica, perennemente accusato di essere «il presidente dei ricchi» — si è sentito in dovere di pagare pegno a quel mondo a lui così estraneo, scegliendo Pernaut come interlocutore.
Il risultato è stato un po’ straniante. Nella classe di terza elementare dove fino a poco prima i bambini avevano fatto lezione, Macron e Pernaut hanno affrontato tutti gli argomenti del momento, e pure qualcuno non proprio prioritario. Tra disegni fatti con il pennarello e avvisi sul ritorno dei pidocchi, il presidente della Repubblica ha spiegato la posizione della Francia su Siria e armi chimiche, e ha evocato pure le accese discussioni con il suo primo ministro Edouard Philippe sul nuovo limite di velocità portato da 90 a 80 chilometri all’ora nelle strade di campagna (dando la colpa a Philippe, ovviamente). «Il capo dello Stato, parlando in una scuola elementare, ha trattato i francesi come dei bambini», ha detto il capogruppo dei Républicains (la destra gollista) al Senato.
Macron ha mostrato come non mai la sua grande voglia di piacere e di convincere, accettando il rischio di sembrare accondiscendente con Pernaut, gli abitanti di Berd’huis e tutti i francesi lontani dai ministeri. Per esempio quando, a proposito della riforma della SNCF, ha sussurrato, più che dichiarato, che «abbiamo bisogno di una ferrovia forte».
Il bonario Jean-pierre Pernaut che intervista Emmanuel Macron sulla Siria è stato, a suo modo, un grande momento di televisione. Anche perché queste sono ore decisive per un possibile raid occidentale contro il regime di Assad, e il presidente è stato netto: «Abbiamo la prova che sono state usate armi chimiche, per lo meno cloro, da parte delle forze di Bachar al Assad». Il che, secondo la linea rossa fissata dallo stesso Macron a partire dal maggio 2017, impegnerebbe la Francia a un intervento militare con l’aviazione per distruggere l’arsenale chimico del dittatore siriano. Circostanza non frequente in questi giorni di dichiarazioni muscolari tra Washington, Mosca e Damasco, Macron ha anche parlato del futuro e del bisogno di pensare alla «Siria di domani».
Fuori, il centinaio di cittadini di Berd’huis (mille abitanti, Front National primo partito) accorsi ad accogliere il presidente e l’intervistatore sono tornati di corsa in casa per vedere la trasmissione, e quando è finita sono usciti di nuovo per stringere la mano al presidente. «Ha detto di aver chiesto uno sforzo ai pensionati e ci ringrazia — dice Michel, 65 anni —. Ma se avessi potuto, avrei rifiutato volentieri».
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