L’impresa «sociale» nell’era di Big data
Dieci ore alla sbarra davanti a senatori e deputati. C’è chi vuole introdurre regole severe per impedire alle reti sociali d’interferire in modo incontrollato sul processo politico, altri si accontentano di un momento di popolarità davanti alle telecamere rimproverando Mark Zuckerberg. Ma tutti, sotto sotto, hanno la sensazione che qualcosa stia sfuggendo loro: che nell’era di Big data si siano messi in moto meccanismi che nessuno controlla, né capisce, appieno. Con i redditi che ristagnano quasi ovunque demolendo il ceto medio, i meccanismi tradizionali del capitalismo sembrano incapaci di contrastare l’aumento delle diseguaglianze. In Congresso non ci si espone su temi così controversi, ma fuori c’è chi comincia a sostenere la necessità di Reinventare il capitalismo nell’era di Big data come recita il titolo di un saggio provocatorio pubblicato di recente in America da Viktor Mayer-schönberger e Thomas Ramge. La tesi: i dati sono ormai molto più importanti dei prezzi ai fini del successo di un’azienda. Quelle tradizionali diventeranno obsolete insieme alla loro forza-lavoro. È tempo di riscrivere il breviario delle imprese e il contratto sociale? Finché a gettare il sasso nello stagno sono un accademico di Oxford e un conduttore televisivo, entrambi di origine tedesca, è difficile che un simile dibattito possa prendere quota negli Usa. Dove, però, si comincia a vedere anche altro. Qualche giorno fa la Deloitte, gigante della consulenza aziendale, ha presentato il suo rapporto sui trend del capitale umano nel quale sostiene che ormai le imprese non sono più giudicate solo sui risultati finanziari e la qualità dei prodotti: conta sempre più il loro impatto sulla collettività nel suo complesso. E l’henderson Institute, cuore pensante del Boston Consulting Group, una delle bussole dal moderno capitalismo, ha pubblicato un’analisi che ha stupito molti imprenditori: col mondo degli affari più vulnerabile che mai davanti alla politica, continuare a puntare solo sui profitti è miope. L’azienda deve «uscire da una logica insulare, passare da una visione meccanicistica a una più umanistica». Forse sono solo suggestioni: l’america non si è mai fatta affascinare dall’idea dell’impresa sociale che ha attecchito, invece, in alcune parti d’europa (con risultati controversi). Ma forse venti populisti e tsunami tecnologico ora possono cambiare le percezioni.