«Il Mulino» indica i vizi d’origine del bolscevismo
Un numero sulle rivoluzioni
Lineare e limpido, nella migliore tradizione della filosofia anglosassone. È il ragionamento con cui descrive la mentalità rivoluzionaria, in particolare quella dei bolscevichi, Michael Walzer, intervistato da Thomas Casadei sul nuovo numero della rivista «il Mulino», il primo firmato da Mario Ricciardi, subentrato come direttore a Michele Salvati. Un fascicolo sostanzialmente monografico, quasi tutto dedicato al tema della rivoluzione, aperto da un interessante e vivace reportage di Claudio Giunta sullo stato miserevole in cui il caudillo populista Hugo Chávez e il suo successore, l’attuale presidente Nicolas Máduro, hanno ridotto il Venezuela. Senza contare gli interventi di Paolo Pombeni sul Sessantotto e di Fernando D’aniello sugli esordi della Repubblica di Weimar
Torniamo però a Walzer. Che cosa caratterizza specificamente un’avanguardia rivoluzionaria come quella forgiata da Lenin? Il filosofo americano, docente emerito di Princeton, lo spiega come meglio non si potrebbe: «I suoi membri ritengono di conoscere la verità in merito alla storia e alla società». Ciò li autolegittima a reclamare «un diritto assoluto a esercitare la leadership e poi a governare». Non solo, una volta al potere, «sono radicalmente intolleranti» verso chi non riconosca la «verità» di cui sono in possesso. Chiunque la pensi diversamente può essere solo corrotto, plagiato dalla cultura borghese o reso inconsapevole dal condizionamento di un passato da cancellare. In ogni caso non ha titolo per dissentire e ancora meno per opporsi.