Corriere della Sera

VIAGGI NEL TEMPO

- Di Beba Marsano

L’appuntamen­to A Milano una mostra mette a confronto i lavori di uno degli artisti africani più importanti e le opere di famosi autori a cavallo tra Otto e Novecento. Il collante? La ricerca dell’autentico. Perché «il terzo millennio batte in ritirata davanti alla verità. È l’era dell’ipocrisia»

Non ama definirsi artista («un termine-ripostigli­o, in cui entra di tutto»), ma creatore. Artefice di sculture e installazi­oni fatte di oggetti e materiali di seconda mano, in bilico tra folklore e cultura globale, che vogliono innescare riflession­i, «ma soprattutt­o sensazioni ed emozioni», sul rapporto tra noi, le cose e il mondo.

Pascale-marthine Tayou (Nkongsamba, Camerun, 1966), best seller tra gli artisti africani contempora­nei, già presente a Documenta 11 di Kassel e a due Biennali di Venezia, arriva in Italia con la mostra Fresh kiss alla Galleria Botteganti­ca di Milano. Una ventina di opere realizzate per l’occasione, in cui replica le dinamiche del dialogo a distanza con maestri di Otto e Novecento, da Boldini a Zandomeneg­hi, da Mancini a Balla e ancora oltre.

«La dialettica tra opere contempora­nee e del passato si integra con l’ambiente che le ospita [i cortili interni di Palazzo d’adda Borromeo, ndr] in una riflession­e sul concetto di “continuità” dell’arte, che si sposa a perfezione con la natura internazio­nale di Milano e la sua stratifica­zione storico-artistica», dicono dalla Galleria Continua, riferiment­o per Tayou. Che qui si racconta.

Che percentual­e di Africa, Europa e Italia c’è nel suo lavoro, in termini di ispirazion­e? «Il cento per cento di ognuno».

Nell’arte tribale africana l’arte aveva il volto della paura; serviva a esorcizzar­e il Male. Lei stesso, nel 1994, ha realizzato un’intera serie sul flagello del nostro tempo, l’aids. Che significat­o ha l’arte nella società globalizza­ta del terzo millennio?

«L’identità della paura è universale. Mentre alcuni indossano delle maschere, altri si tappano le orecchie, rifiutano di parlarne o di guardare in faccia la realtà. Il terzo millennio batte in ritirata davanti all’arte della verità; siamo nell’era dell’ipocrisia, che rifiuta di prendere lo slancio della sincerità».

In questa mostra dialoga con artisti molto lontani da lei, quali Boldini, De Nittis, Balla, Boccioni. Quali le ragioni che l’hanno spinta a questo confronto?

«Il passato ha uno stretto legame con il futuro ed è compito del presente definire le basi dell’avvenire. La ragione di questo confronto risiede soprattutt­o in un profondo bisogno di nutrimento, poiché solamente attraverso il dialogo e la grande porta della curiosità potremo arrivare al cuore di ogni rinnovamen­to». Le figure di riferiment­o nella sua formazione?

«Nessun artista, nessuna corrente. Non ho maestri. L’essere umano è la mia sola fonte d’ispirazion­e». Il museo più bello del mondo?

«Naturalmen­te, la vita».

Che cosa la seduce?

«Passeggiar­e nelle grandi stanze dell’ignoto, che sala dopo sala mi offrono una serie senza fine di esposizion­i universali». Il senso del suo essere creatore? «Celebrare l’ignoto, appunto».

Lei realizza opere utilizzand­o molto spesso oggetti usati e materiali di riciclo. Quale valore dà loro?

«Amo gli oggetti e la magia delle loro forme. Il mio intento è di mostrare l’influenza degli oggetti sulle nostre abitudini quotidiane. Riflettere sulle cose che ci circondano, sulle cose che ci osservano e sulla maniera con cui noi osserviamo le cose che, in qualche modo, danno forma al nostro agire».

Lei è nato in Camerun, che ha lasciato in gioventù per trasferirs­i in Germania, poi in Francia e ora in Belgio, a Gand. Si considera un nomade?

«Sono un uomo in cammino, come un uccello in pieno volo che si posa di albero in albero, senza preoccupar­si della prossima tappa».

Vorrei citare un eccentrico autore italiano, Giorgio Manganelli: diceva che viaggiando si impara che tutti gli uomini sono uguali oppure che tutti gli uomini sono diversi. Che ne pensa?

«Euripide diceva che l’uguaglianz­a era la norma, ma che la realtà del quotidiano era tutt’altra cosa...».

Lei è uno degli artisti africani più noti e più apprezzati nel mondo. Come spiega il suo successo? «Il successo? È una lusinga».

«IO SONO UN UOMO IN CAMMINO» DAL CAMERUN FINO ALL’EUROPA TAYOU DIALOGA CON IL MODERNO

Poetica di libertà

«Il museo più bello del mondo? Naturalmen­te la vita. Sono un uccello sempre in pieno volo»

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 ??  ?? Maschere In alto, «Fresque de craies P», 2016 (un dettaglio), courtesy the artist and Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana, foto di Oak Taylorsmit­h; a destra il dipinto di Pietro Scoppetta «La parigina» (1890)...
Maschere In alto, «Fresque de craies P», 2016 (un dettaglio), courtesy the artist and Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana, foto di Oak Taylorsmit­h; a destra il dipinto di Pietro Scoppetta «La parigina» (1890)...

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