Non solo De Nittis e Boldini L’originalità dell’ottocento
Solo cinque anni separano il ritratto di Diego Martelli eseguito da Edgar Degas (1875) da quello firmato dal nostro Federico Zandomeneghi (1870), eppure le differenze sono evidenti: Degas raffigura il critico (mentore dei Macchiaioli) da una posizione insolita e coraggiosa, dall’alto, con un dinamismo che sembra far «sbalzare» gli oggetti fuori dal quadro. Zandomeneghi sceglie una posa più convenzionale, alla scrivania — insomma, un po’ più noiosa.
E proprio sulla mancanza di idee e di coraggio si è imperniata la ormai famosa sfortuna critica della pittura italiana dell’ottocento, culminata nella scomunica di Roberto Longhi che negli anni Trenta parlò di «minutezza mentale», «spicinio di aneddoti fuciniani», «allevatori di piantine nane». Longhi si era misurato con Giotto, Piero e Caravaggio e ai suoi occhi il linguaggio dei macchiaioli poteva apparire provinciale, un poco asfittico. Per lui solo con Carlo Carrà — e dunque siamo già nel XX secolo — la pittura italiana si era ripresa. Il suo famoso, ironico «buona notte» indirizzato a Giovanni Fattori ha condizionato pesantemente la critica a venire.
Ma oggi i numeri ci raccontano una storia diversa: le mostre sull’ottocento funzionano molto bene, le quotazioni pure (l’anno scorso, da Pandolfini a Firenze, la vendita di dipinti e sculture dell’ottocento ha totalizzato 643 mila euro), Giovanni Boldini è una star persino mediatica — un po’ come lo fu nella vita reale, richiestissimo dalle corti europee per il suo tocco elegante nei ritratti femminili. E ci sono gallerie come Bottegantica di Milano, promotrice di questo «dialogo» con il camerunense Tayou, che operano da tempo una fine ricerca sul territorio (scottante per i critici) dell’ottocento.
Ma come si può conciliare il cosmopolitismo (dai contorni vagamente nomadici) di Tayou con De Nittis, Boldini, Mancini? Si obietterà: ma loro hanno viaggiato eccome, specie Boldini. Ma il punto potrebbe essere un altro: nonostante i soggiorni parigini e i legami con galleristi internazionali (un nome: Adolphe Pose
Da sinistra Federico Zandomeneghi, Ritratto di Diego Martelli allo scrittoio, 1870; Edgar Degas, Ritratto di Diego Martelli, 1875; in alto, Giovanni Boldini a Venezia nel 1913 Goupil, titolare della celebre Maison d’art nella capitale francese, fu gallerista di De Nittis e di Mancini), la pittura dell’ottocento è stata davvero cosmopolita? Curiosa? Rigenerante? Oppure questa è una domanda mal posta? Il dubbio c’è, perché quando parliamo di ‘800 pittorico in realtà parliamo di una messe di correnti, di individui. E di storie.
Storie diverse l’una dall’altra. Ci furono i pittori di paesaggio e la Scuola di Posillipo, fenomeni nati dietro un preciso impulso socio-economico: in quel periodo l’italia era territorio di un turismo colto, che chiedeva vedute raffinate e insieme arricchite da preziosi accenni metaforici. Ci fu il caso di Francesco Hayez, che diventò una specie di mito vivente e il suo Bacio finì riprodotto in altre opere coeve.
Ci fu Stefano Ussi, grande viaggiatore in terre allora esotiche, come il Marocco, dove si recò con l’amico scrittore Edmondo de Amicis, al seguito di una spedizione di affari per conto del governo italiano. Nel 1873 un suo dipinto, il Trasporto del tappeto sacro alla Mecca, era stato esposto a Vienna e acquistato dal sultano di Costantinopoli per il suo nuovo palazzo imperiale.
Ancor più romanzesca fu la vita di Ippolito Caffi, pittore e patriota: nel 1848 si arruolò nella guerra contro l’austria; fatto prigioniero, evase e andò a Venezia, quindi in Svizzera, in Inghilterra, in Spagna e, dopo l’avventura garibaldina, morì nell’affondamento della nave «Re d’italia» durante la battaglia di Lissa del 1866. Ma a definire la sua eccezionale tecnica pittorica non furono tanto i viaggi quanto la curiosità: nel 1846 trasvolò i cieli sopra Roma in mongolfiera, per poter «catturare» meglio la luce. Forse il vero cosmopolitismo della pittura ottocentesca italiana risiede in questi «voli», metaforici e letterali. L’evento
● I cortili interni di Palazzo d’adda Borromeo, sede della Galleria Bottegantica, ospiteranno eccezionalmente un’installazione temporanea dell’artista Pascale Marthine Tayou, che presenzierà all’evento. Da domani, 14, aprile ore 18 a domenica 15 aprile ore 18. Per informazioni su questo e su altri eventi, consultare bottegantica.co m (per Galleria Continua: galleriacontinua .com)