Corriere della Sera

L’ira bianconera è sempre per Collina

Il designator­e «vanitoso» e la Var che non arriverà Un fischio per intuizione è comunque un errore Ma con la Var era rigore

- Di Paolo Casarin Carlos Passerini

SSi dice che non può piovere per sempre, eppure quasi vent’anni anni dopo è come se quel diluvio non avesse ancora smesso di scaricare acqua fradicia sul rapporto fra la Juventus e Pierluigi Collina.

Perugia, 14 maggio 2000, la partita sospesa per 70 minuti, il gol di Calori, lo scudetto alla Lazio: eccolo, il peccato originale. Per Madama quella partita non doveva riprendere, sbagliò Collina a insistere, a voler ripartire su quel campo impossibil­e: manie di protagonis­mo, fu l’accusa esplicita verso quello che in quegli anni era indiscutib­ilmente il migliore arbitro al mondo.

È lì che tutto è cominciato, e quel «vanitoso» che il presidente bianconero Andrea Agnelli gli ha rivolto l’altra sera, accusandol­o dell’infelice designazio­ne dell’inglese Oliver e chiedendog­li poi senza mezzi termini di dimettersi da capo dei fischietti Uefa, è la prova evidente delle ragioni di un antico rancore mai sopito.

Nel 2008 ci fu poi l’episodio della lettera. Collina era designator­e in A e la Juve scrisse alla Figc chiedendo «un immediato intervento a garanzia to ascoltando i pensieri di Oliver, arbitro inglese; praticamen­te lo seguo e lo ascolto. «Devo arbitrare al meglio Real Madrid-juventus; il Bernabeu è pieno di una energia che genera tensione in me. Comincio fischiando poco, come sempre; ma in questa partita non basta. I ventidue sembrano indifferen­ti ai miei richiami: sono costretto a mostrare il della regolarità del campionato». Carisma, orgoglio e decisionis­mo fuori dal comune: la verità è che se Collina è arrivato dov’è arrivato, a essere cioè il simbolo stesso dell’arbitraggi­o, una sorta di icona globale preinterne­t, è anche, anzi soprattutt­o perché in carriera ha saputo prendere decisioni che gli altri non avevano il coraggio di prendere. Che poi la sua differenza sia sfociata in autorefere­nzialità è giallo. Più volte Ronaldo mi invita ad ammonire qualche bianconero. Il risultato cambia e giocano così alla pari gli ultimi minuti. In area sono stati sempre vigorosi ma nei limiti: sanno che sono inglese e in genere noi consideria­mo la fisicità come parte del gioco. Ho fischiato quasi 30 falli e ammonito 8 giocatori: la partita era forse più grande di me. All’ultimo, in area, una palla arriva verso Vazquez e Benatia a contatto: li vedo di spalle. Vazquez cade e fischio subito il rigore per intuizione un’opinione non così rara. È ciò che pensa ad esempio il suo ex collega Fabio Baldas, designator­e negli anni 90: «Che Collina sia vanitoso non ci sono dubbi».

Ma sarebbe tuttavia un errore convincers­i che dietro alla vigorosa offensiva mediatica della Juventus ci sia solo una questione privata. C’è anche, anzi soprattutt­o, il nuovo esplicito ruolo da primus inter pares all’interno del movimento e presunzion­e. Sono travolto dalle proteste». È capitato anche a me di fischiare per presunzion­e e di aver indovinato. È comunque un errore. L’arbitro non è un mago e se non vede non può decidere. Sono falli da punire quei contrasti nei quali un giocatore impedisce all’altro di fare il suo gioco: una situazione concreta. Anche la caduta può non bastare se non si scopre quanta forza è stata impiegata. Oliver ha deciso con poche informazio­ni, il mondo dei telespetta­tori e la critica erano

italiano che la Juventus si sta ritagliand­o e non è un caso che Agnelli abbia voluto ricordare come in questa stagione le designazio­ni abbiano penalizzat­o non soltanto la sua squadra «ma anche il Milan a Londra con l’arsenal», la Roma nell’andata col Barcellona, la Lazio. Una denuncia forte, di sistema, quasi sindacale: gli arbitri sono più duri con le italiane proprio perché li manda un italiano. Un dossier in effetti decisament­e corposo e nel quale la questione Var ricopre un ruolo decisivo.

La Fifa di Infantino l’adotterà infatti con entusiasmo al Mondiale mentre l’uefa di Ceferin continua a prendere tempo: ragioni economiche, organizzat­ive, in realtà soprattutt­o politiche. Tanto che ieri da Nyon hanno fatto sapere che non ci sarà nessuna accelerazi­one per l’introduzio­ne in Champions.

Una posizione netta, che si pone in totale contrasto proprio con Agnelli il quale giusto qualche settimana fa, nel corso dell’assemblea romana dell’eca di cui è presidente, definì la Var «un processo irreversib­ile». Certo, a Madrid probabilme­nte sarebbe servita a poco. Forse, sempliceme­nte, sarebbe bastato mandare qualcuno più esperto di un ragazzo di 33 anni. L’obiezione che arriva dai vertici arbitrali dell’uefa un senso però ce l’ha: all’andata era finita 0-3, quale partita sulla carta migliore di questa per far fare un po’ di pratica a Oliver, uno che dopo aver infranto un record dietro l’altro di precocità è considerat­o in Premier una specie di bambino prodigio? Sulla carta, già. piazzati dalla parte giusta e hanno visto il piede alto di Benatia, un pallone in attesa di muoversi e un Vazquez cadente. Tutti arbitri, tutti con una parte di verità. Ecco perché arriverà la Var necessaria per dare a Oliver le stesse informazio­ni di noi al monitor. Una domanda a Oliver: in Inghilterr­a avresti dato quel rigore, senza informazio­ni? E con la Var, lo concederai con convinzion­e? Oggi, con la Var, si propendere­bbe per il penalty.

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L’intervento incriminat­o di Benatia su Lucas Vazquez. A sinistra, i giocatori juventini circondano l’arbitro inglese Oliver
(Afp, Ipp) Contatto L’intervento incriminat­o di Benatia su Lucas Vazquez. A sinistra, i giocatori juventini circondano l’arbitro inglese Oliver

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