Corriere della Sera

Giallo su Haftar «Il generale libico è morto»

Tv e giornali danno versioni opposte. Il consiglier­e: ricoverato a Parigi, ma sta bene

- di Lorenzo Cremonesi

«Il generale Haftar è morto». Ma fonti diplomatic­he smentiscon­o. È giallo sull’uomo forte di Bengasi e sulle sorti della Libia. Il generale, dopo un malore, era stato trasferito a Parigi.

ATripoli e tra le milizie islamiche più agguerrite, i suoi nemici nei circoli legati al governo di Fajez Sarraj lo danno già per morto. I siti libici si dilungano nel raccontare del suo cuore debole da anni, altri parlano di un tumore, altri ancora di un ictus. Il Libyan Observer, giornale online della Tripolitan­ia, addirittur­a cita fonti mediche nell’ospedale di Parigi in cui è ricoverato per confermare il suo decesso ieri. Ma i suoi portavoce personali negano fermamente. «Il nostro comandante è vivo e vegeto. Possiamo solo confermare che si trova per un breve periodo di cure in un ospedale parigino, di cui per motivi di sicurezza non possiamo rivelare il nome. Sarà dimesso tra pochi giorni e tornerà presto a Bengasi», specifican­o.

Così lo stato di salute del colonnello Khalifa Haftar in poche ore è diventato un giallo e in verità l’ennesima conferma dell’estrema fragilità politica e sociale in cui versa la Libia in vista delle ventilate prossime elezioni. Certo è che la scomparsa dell’«uomo forte della Cirenaica» rilancereb­be la destabiliz­zazione e addirittur­a la guerra civile nell’est. Qui Haftar da almeno quattro anni sta conducendo una battaglia spietata contro Ansar al Sharia, Isis e i gruppi qaedisti che da Derna e dalle «montagne verdi» speravano di islamizzar­e il Paese. Per qualche tempo ne guadagnere­bbero invece le milizie di Misurata e lo stesso Sarraj. Salvo poi trovarsi ad affrontare una Cirenaica più ingovernab­ile e aggressiva.

Ma, almeno per ora, queste sembrano solo ipotesi. Ieri sera abbiamo contattato Fadel Addeeb uno dei consiglier­i personali più importanti di Haftar, il quale è stato molto netto. «Posso dichiarare con assoluta certezza che Khalifa Haftar è vivo e sta bene. Gli ho appena parlato, lui è dovuto uscire a piedi dalla sua camera e andare nel cortile perché nel suo ospedale a Parigi le linee sono deboli e i cellulari vietati. Eravamo assieme al Cairo sino a mercoledì, dove abbiamo avuto colloqui politici al massimo livello. Poi mercoledì sera il colonnello si è sentito molto stanco, lavora tutto il giorno, aveva bisogno di un periodo di riposo e controlli medici, così è partito per ricoverars­i a Parigi. Qui non sono previsti incontri di lavoro», ci ha detto per telefono.

Haftar in genere è molto attento al suo stato di salute. Appena può riposa. I suoi pranzi sono frugali, per lo più a base di frutta e verdura, evita gli zuccheri e l’alcol. A Bengasi raccontano che è dal lungo periodo di prigionia in Ciad, quando comandava il corpo di spedizione agli ordini di Gheddafi negli anni Ottanta, che la sua salute è debole. Ma pare non soffra di alcuna malattia particolar­e. «Il suo cuore è ancora forte. Ma certo i suoi ritmi di lavoro sono stressanti, lo sarebbero anche per un trentenne», aggiunge Addeeb. Da Tripoli i circoli giornalist­ici ribattono che, in ogni caso, anche se Haftar fosse deceduto, i suoi sostenitor­i al momento non lo ammettereb­bero. «La notizia per loro sarebbe gravissima. Quello di Haftar è il partito di un solo uomo. Finito lui il suo fronte cade nel caos. Hanno bisogno di tempo per prepararsi», spiegano.

Tornato dall’esilio negli Stati Uniti già nelle prime fasi della rivoluzion­e contro Gheddafi nella primavera del 2011, Haftar in un primo tempo aveva cercato di diventarne il capo militare. Rifiutato dal fronte islamico e dai circoli di Tripoli, si era poi ritirato in Cirenaica mirando a coalizzare diverse milizie e spezzoni del vecchio esercito. La sua stella è poi iniziata a brillare nel maggio 2014, quando con una serie di blitz militari ben assestati si è riuscito a impadronir­e di larga parte dell’est. Suo fiore all’occhiello è la battaglia contro l’isis a Sirte in competizio­ne con le milizie di Misurata. Ma non ha mai accettato di lavorare agli ordini di Sarraj. Anzi il suo vero obbiettivo era quello di diventare il nuovo «uomo forte della Libia» e stava posizionan­dosi per conquistar­e Tripoli con il sostegno egiziano, accettando gli aiuti russi ma anche quelli francesi e americani. Negli ultimi tempi però la sua posizione è sembrata indebolirs­i. Una serie di milizie e famiglie potenti l’ha sfidato direttamen­te a Bengasi. La sua nuova debolezza è solo politica o anche legata a motivi di salute?

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Un poster con il volto di Haftar mostrato a una manifestaz­ione in favore dell’«uomo forte» di Tobruk, lo scorso anno
Ritratto Un poster con il volto di Haftar mostrato a una manifestaz­ione in favore dell’«uomo forte» di Tobruk, lo scorso anno
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