Il Pd congela tutto in attesa del Colle
«C’è una nuova fase istituzionale». Faccia a faccia Martina-renzi: slitta l’assemblea del partito
ROMA Torna l’idea del rinvio: niente Assemblea nazionale Pd del 21 aprile, che avrebbe dovuto decidere se votare un nuovo segretario, cioè Maurizio Martina, o convocare un congresso. Meglio prendersi qualche settimana di tempo e aspettare quello che succederà.
Ne hanno parlato Renzi e Martina, ieri, in un lungo colloquio. Il reggente ha poi formalizzato al presidente Matteo Orfini la richiesta di un rinvio «stante la nuova fase istituzionale determinata dall’incapacità delle forze che hanno prevalso il 4 marzo di dare al Paese una concreta ipotesi di Governo». Le minoranze evitano lo scontro, da Andrea Orlando a Dario Franceschini, c’è una moltitudine di politici restii a concedere tempo a Renzi. «Ma non rinviare, con il Paese in stallo sarebbe poco responsabile», avverte il renziano Dario Parrini.
L’ex premier, che in Assemblea ha i numeri decisivi, si muove come fosse ancora il segretario. La sua idea è quella di far veder chiaramente che il Pd non vuole la conferma di Martina, neanche per un periodo limitato e preme per andare ad un congresso entro l’anno. Il congresso in realtà è un’incognita per il fronte renziano, che non ha un candidato forte mentre altri (da Richetti alla Serracchiani a Zingaretti) già scaldano i motori per buttarsi in pista. L’unico che, con la benedizione del segretario uscente, potrebbe rompere i giochi è Graziano Delrio, che però per ora non ne vuole sapere.
La carta del rinvio permetterebbe di affrontare l’intera questione. Ma soprattutto, osservano al Nazareno, «consentirebbe a Matteo di tornare a giocare un ruolo nella crisi, senza altri protagonisti interni a fargli ombra». Perché, se dalla prossima settimana ci sarà un «esploratore» o un incaricato, «il Pd potrebbe presentarsi al tavolo delle trattative con una serie di proposte, per stanare i vari Di Maio e Salvini». Scenario che però non trova conferma tra i renziani: la «linea dell’arrocco» non cambia. E dunque si attenderà che i «vincitori» Di Maio e Salvini consumino i loro tentativi, logorandosi nelle estenuanti trattative di questi giorni. Se riusciranno a fare un governo centrodestra-m5s, il Pd avrà il monopolio dell’opposizione. Altrimenti, dice Renzi ai suoi, il Pd entrerà in gioco sul serio.