L’affondo di Comey fa infuriare Trump: «Palla di fango, giusto licenziarti»
«Bugiardo matricolato, sei come un boss mafioso». «Palla di fango, incompetente e disonesto. Sono orgoglioso di averti licenziato». Ecco, questo è il confronto del momento, il più seguito nella politica americana. La prima citazione è ricavata da A Higher Loyalty, una Superiore lealtà, il libro dell’ex direttore dell’fbi, James Comey, in uscita martedì 17 aprile negli Stati Uniti. La seconda è la sintesi della reazione, via Twitter, del presidente americano.
Comey fu cacciato da Trump il 9 maggio 2017, dopo quattro mesi di incontri e di contrasti. L’fbi stava (e sta ancora) indagando sul Russiagate, l’ipotesi di collusione tra il comitato elettorale repubblicano e il Cremlino. Il super poliziotto racconta come il presidente cercò prima di blandirlo, di cooptarlo e poi di distruggerlo professionalmente ed eticamente.
Le vicende sono note, ma qui sono i dettagli a fare la differenza. Sin dal primo incontro, il 6 gennaio 2017: «Il suo viso era leggermente arancione... i suoi capelli biondo chiaro erano curati in modo impressionante e a un’ispezione ravvicinata sembravano proprio suoi». Antipatia personale che presto si trasforma in disprezzo. L’atteggiamento di Trump richiama quello di un «boss mafioso»: «Il silenzioso consenso da cui è circondato. Il capo in controllo completo. I giuramenti di lealtà. La visione del mondo di “noi contro tutti”. L’uso sistematico della menzogna per tutte le cose, grandi e piccole, al servizio di un qualche codice di condotta che colloca l’organizzazione al di sopra della morale e al di sopra della verità». Conclusione: «Il presidente è senza etica, scollegato dalla verità e dai valori istituzionali».
I giudizi così duri per il momento hanno fatto ombra alla domanda fondamentale: Comey considera il suo licenziamento la prova che Trump volesse bloccare l’inchiesta sul Russiagate? Se ne discuterà nei prossimi giorni. L’ex direttore dell’fbi, con una notazione al limite della perfidia, nota come Trump fosse preoccupato non dei cyber attack ordinati
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da Mosca, ma del dossier che sarebbe stato nelle mani dei servizi segreti russi. Il documento descriveva, tra l’altro, «atti sessuali depravati» dell’allora costruttore newyorkese con alcune prostitute russe. «Devi dimostrare che sono tutte falsità che darebbero un dispiacere a Melania». Particolari pecorecci che forse serviranno a far vendere il libro. Comey rivela, infine, che Barack Obama gli confermò la fiducia fino all’ultimo, nonostante le polemiche sulle mail di Hillary Clinton: «Voglio che tu sappia che nulla mi ha fatto cambiare idea». Neanche Trump ha cambiato idea. Ecco il suo tweet di ieri: «James Comey è un comprovato spione e bugiardo. Di fatto tutti quanti a Washington pensavano che sarebbe dovuto essere licenziato per il suo penoso modo di lavorare, fino a quando, infatti, fu licenziato. Aveva diffuso informazioni classificate, cosa per le quali dovrebbe essere perseguito. Ha mentito sotto giuramento davanti al Congresso. È una persona debole, una palla di fango che è stato, come si è visto, un terribile direttore dell’fbi. Basta vedere come ha gestito il caso delle mail della «Corrotta» Hillary Clinton…è stato un mio grande onore licenziare James Comey».