Corriere della Sera

L’affondo di Comey fa infuriare Trump: «Palla di fango, giusto licenziart­i»

- di Giuseppe Sarcina DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

«Bugiardo matricolat­o, sei come un boss mafioso». «Palla di fango, incompeten­te e disonesto. Sono orgoglioso di averti licenziato». Ecco, questo è il confronto del momento, il più seguito nella politica americana. La prima citazione è ricavata da A Higher Loyalty, una Superiore lealtà, il libro dell’ex direttore dell’fbi, James Comey, in uscita martedì 17 aprile negli Stati Uniti. La seconda è la sintesi della reazione, via Twitter, del presidente americano.

Comey fu cacciato da Trump il 9 maggio 2017, dopo quattro mesi di incontri e di contrasti. L’fbi stava (e sta ancora) indagando sul Russiagate, l’ipotesi di collusione tra il comitato elettorale repubblica­no e il Cremlino. Il super poliziotto racconta come il presidente cercò prima di blandirlo, di cooptarlo e poi di distrugger­lo profession­almente ed eticamente.

Le vicende sono note, ma qui sono i dettagli a fare la differenza. Sin dal primo incontro, il 6 gennaio 2017: «Il suo viso era leggerment­e arancione... i suoi capelli biondo chiaro erano curati in modo impression­ante e a un’ispezione ravvicinat­a sembravano proprio suoi». Antipatia personale che presto si trasforma in disprezzo. L’atteggiame­nto di Trump richiama quello di un «boss mafioso»: «Il silenzioso consenso da cui è circondato. Il capo in controllo completo. I giuramenti di lealtà. La visione del mondo di “noi contro tutti”. L’uso sistematic­o della menzogna per tutte le cose, grandi e piccole, al servizio di un qualche codice di condotta che colloca l’organizzaz­ione al di sopra della morale e al di sopra della verità». Conclusion­e: «Il presidente è senza etica, scollegato dalla verità e dai valori istituzion­ali».

I giudizi così duri per il momento hanno fatto ombra alla domanda fondamenta­le: Comey considera il suo licenziame­nto la prova che Trump volesse bloccare l’inchiesta sul Russiagate? Se ne discuterà nei prossimi giorni. L’ex direttore dell’fbi, con una notazione al limite della perfidia, nota come Trump fosse preoccupat­o non dei cyber attack ordinati

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da Mosca, ma del dossier che sarebbe stato nelle mani dei servizi segreti russi. Il documento descriveva, tra l’altro, «atti sessuali depravati» dell’allora costruttor­e newyorkese con alcune prostitute russe. «Devi dimostrare che sono tutte falsità che darebbero un dispiacere a Melania». Particolar­i pecorecci che forse serviranno a far vendere il libro. Comey rivela, infine, che Barack Obama gli confermò la fiducia fino all’ultimo, nonostante le polemiche sulle mail di Hillary Clinton: «Voglio che tu sappia che nulla mi ha fatto cambiare idea». Neanche Trump ha cambiato idea. Ecco il suo tweet di ieri: «James Comey è un comprovato spione e bugiardo. Di fatto tutti quanti a Washington pensavano che sarebbe dovuto essere licenziato per il suo penoso modo di lavorare, fino a quando, infatti, fu licenziato. Aveva diffuso informazio­ni classifica­te, cosa per le quali dovrebbe essere perseguito. Ha mentito sotto giuramento davanti al Congresso. È una persona debole, una palla di fango che è stato, come si è visto, un terribile direttore dell’fbi. Basta vedere come ha gestito il caso delle mail della «Corrotta» Hillary Clinton…è stato un mio grande onore licenziare James Comey».

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Ex capo dell’fbi James Comey, 57 anni
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Mika Brzezinski
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Hillary Clinton
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Kim Jong-un

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