Corriere della Sera

Militari italiani dubbiosi «Parigi sbaglia di nuovo Attaccare è un rischio»

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«Dire che siamo preoccupat­i non rende bene l’idea. In verità siamo sconcertat­i da quello che sta succedendo riguardo alla Siria».

L’alto ufficiale che ci rivela gli attuali umori ai vertici delle Forze Armate parla ovviamente in modo anonimo. Ma le parole che pronuncia suonano sferzanti non tanto verso gli americani, ma piuttosto nei confronti del presidente francese Macron.

«L’atteggiame­nto aggressivo di Parigi ci ha molto sorpresi. Si vede che la Francia non ha imparato nulla dalla lezione che dovrebbe aver appreso dopo l’intervento in Libia. In Libia fu un colpo di mano terribile, la Francia ci fece trovare davanti al fatto compiuto. Le conseguenz­e le paghiamo oggi. E tuttavia la Libia era isolata, non aveva alleati e tutto finì lì. In Siria le cose sono molto più complicate».

Cerchiamo di capire qual è la reale situazione sul territorio siriano.

«Intanto, mancano informazio­ni di intelligen­ce precise e sicure. Non sappiamo neppure dove andiamo a colpire. Ma prima di proseguire vorrei sottolinea­re una cosa: l’attacco dovrebbe essere una rappresagl­ia per l’uso di armi chimiche da parte della Siria. Ma francament­e non si sono mai viste armi chimiche che colpiscono solo donne e bambini e che poi vengono lavate via con l’acqua. A ogni modo, la Siria è una polveriera. Toccare lì, potrebbe scatenare una reazione a catena. Mettiamo che venga distrutto un obiettivo dell’iran. Contro chi si vendichere­bbe l’iran? Contro Israele, che a sua volta reagirebbe. C’è tanta gente che aspetta da anni di regolare i conti con i vicini. E noi vogliamo dargli l’opportunit­à di farlo?».

Forse proprio per questo al Pentagono, dopo le minacce iniziali, si mostrano più cauti?

«Per la verità noi abbiamo sperato che quello americano fosse solo un bluff, una minaccia e basta, visto che con la Corea del Nord ha funzionato. Il ragionamen­to che noi militari italiani ci aspetterem­mo da Washington è questo: per quanti anni è possibile walking on shells, camminare in punta di piedi per non rompere i fragili equilibri? Se non è così, allora bisogna chiarire come si interviene, con quali regole di ingaggio. Mettiamo che l’italia partecipi alle operazioni, ma in funzione di quale minaccia, e dov’è la copertura legale di un intervento armato, dov’è una risoluzion­e che giustifich­i un attacco? E chi mi dice qual è il mio obiettivo?».

E poi bisogna tener conto della presenza della Russia.

Sul campo

«Manca un’intelligen­ce precisa, non sapremmo neppure dove andare a colpire»

«La Russia ha schierato a Tartous un sistema d’arma nuovo che spaventa. E lo ha venduto anche alla Turchia. Vuol dire che Ankara, pur facendo parte della Nato, ospiterà nelle proprie basi militari advisor, tecnici russi. Al tempo stesso compra 100 nuovi caccia americani F35. È una forma di compromiss­ione preoccupan­te. Stiamo permettend­o alla Turchia di agire senza regole, bisognereb­be dire: guarda che non fai più parte del circle of trust, cioè non hai più la nostra fiducia. Nel caos siriano, la Turchia ci sguazza. Non vede l’ora che la tensione salga in modo che possa continuare a fare i suoi comodi senza che nessuno fiati. In pratica la Turchia è un Paese invasore nella Siria del Nord e adesso anche nel Nord dell’iraq, e nessuno dice nulla».

Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa, è appena rientrato da Washington e ritiene che alla fine gli Stati Uniti si accontente­ranno di un’azione dimostrati­va.

«Non credo che riescano a fare molto di più dell’anno scorso perché nell’area hanno gli stessi mezzi. Con la differenza che ora devono vedersela con la contraerea russa. Penso che si adatterann­o a un’azione limitata. Il problema è: a che serve?».

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In fuga Ribelli in fuga con le famiglie da Ghouta verso la Turchia (Afp)

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