«Volevamo rapinare i tifosi ho usato lo spray urticante» La banda di Piazza San Carlo
Presi 10 ragazzi, alla finale agirono in 4. Il dolore dei parenti di Erika
TORINO Erano lì, quella sera. In quattro. Quando il Real Madrid segnò il gol del 3-1, ne approfittarono per spruzzare nell’aria lo spray che avevano portato da casa. «Della partita non ce ne fregava nulla, volevamo solo rubare qualche portafoglio e poi allontanarci». Afferrarono tre catenine d’oro e cominciarono a correre. Attorno a loro si creò il caos. La sostanza urticante provocò un’ondata di panico che travolse tutti. Una donna di 38 anni, Erika Pioletti, schiacciata dalla folla morì in ospedale. «E purtroppo — dice adesso lo zio — non ce la restituisce nessuno». Altri 1.526 tifosi, che dal maxischermo di piazza San Carlo assistevano alla finale di Champions League, rimasero feriti. L’inchiesta sulla preparazione dell’evento e sulla gestione dell’emergenza — in cui si procede per omicidio, lesioni e disastro colposi — ha già portato all’individuazione di una quindicina di responsabili, tra i quali la sindaca Chiara Appendino. L’indagine parallela su quello che scatenò il caos, invece, racconta adesso che dietro la tragedia c’era una banda di rapinatori.
L’uomo che materialmente spruzzò nell’aria lo spray urticante si chiama Sohaib Bouimadaghen: è un italiano di origini marocchine, è nato a Ciriè vent’anni fa, è soprannominato «Budino». La polizia lo ha fermato giovedì notte con le accuse di omicidio preterintenzionale, rapina e lesioni aggravate. Dopo un drammatico interrogatorio, ha confessato: «Sì, ho utilizzato io lo spray quella sera. Quando ho abbassato il dito sulla boccetta, si è formato un primo cerchio di persone. Poi un secondo. A quel punto abbiamo afferrato le catenine e siamo scappati. Correvano tutti, come impazziti. Ci siamo messi a correre anche noi». Con lui c’erano Mohammed Machmachi (fermato con le stesse accuse, pure lui ha confessato), Hamza Belghazi e Aymene Es-sabihi. Gli ultimi due sono già in carcere, arrestati per altre rapine commesse a Torino e nel nord Italia, ma anche in Olanda, Francia, Germania e Belgio. A loro dovrebbero essere contestati gli stessi reati dei primi due.
I quattro di piazza San Carlo fanno parte di una banda composta da dieci persone, alcune nate in Marocco e altre a Torino da genitori marocchini. Cinque di loro sono cittadini italiani, con loro c’è pure un egiziano. Il più giovane ha 19 anni, il più anziano 22. I torinesi arrivano tutti da Barriera di Milano, periferia nord della città. Sette di loro adesso sono in carcere, uno ai domiciliari, gli ultimi due hanno l’obbligo di firma.
«Formavano un branco, appartenevano a una gang criminale», spiegano gli uomini che hanno condotto le indagini. Hanno commesso furti e rapine in centri commerciali e rubato orologi e cellulari durante i concerti. Concerti come quello di Elisa, che la sera del 30 settembre di un anno fa si esibiva alle Officine Grandi Riparazioni di Torino e fu costretta a interrompere lo spettacolo a causa di una sostanza urticante spruzzata nell’aria.
Ma sono stati un furto e una rapina commessi nel gennaio di quest’anno a tradirli. Ed è così che sono stati scoperti i video pubblicati su Instagram in cui Sohaib Bouimadaghen si vanta pubblicamente dell’impresa compiuta in piazza San Carlo. Come quello postato il 25 marzo. Il capo banda è insieme all’amico Aymene Essabihi. Sono sorridenti. Sembrano prendere in giro chi in quel momento fugge dallo spavento. Si sente con chiarezza la voce di «Budino» che in arabo urla «sciade, sciade», in italiano «acchiappa, acchiappa». In sovraimpressione c’è anche un cuoricino e una faccina sorridente: si stanno vantando. Il 20 gennaio Aymene Es-sabihi manda in chat a «Budino» il link di un articolo di un quotidiano in cui si parla dell’indagine sullo spray al peperoncino. Sahaib commenta sprezzante: «Trovano il c...».
Tre mesi dopo, però, Sohaib non è più il ragazzo spavaldo immortalato dai video. Ha paura. E il 2 aprile si confida con un amico al telefono: «Ero davanti alla polizia e stavo per entrare da loro... sai frate... un peso troppo grosso della Juve. Te lo giuro che non riesco a dormire».
Della partita a noi non ce ne fregava nulla, volevamo soltanto rubare qualche portafoglio e andare via
Abbiamo afferrato le catenine e siamo scappati: correvano tutti, come impazziti, ci siamo messi a correre anche noi