Corriere della Sera

«Io, minacciato di morte dalla mafia La mia vita sconvolta ma non mollo»

Paolo Borrometi ha 5 uomini di scorta: sto a Roma per non far correre rischi ai miei

- Di Felice Cavallaro

Cominciò a scoprire di non vivere in una Sicilia «babba» a 16 anni, quando sentì parlare in provincia di Ragusa di Giovani Spampinato: «Dicevano che quel corrispond­ente di un giornale di battaglie civili come L’ora “un po’ se l’andava cercando”. Chiesi a mio padre. “Mentono. L’ammazzaron­o perché raccontava la verità”. Mi interrogai così su un cronista ucciso in un posto dove la mafia non c’è, appunto nella Sicilia “babba”, quieta. E capii di vivere in un inferno dove chi scrive o denuncia può essere lasciato solo».

Eccolo l’ex studente che ha dovuto fondare un suo sito, La Spia.it, per raccontare quanto succedeva intorno ai paesi della sua Modica. La faccia di un ragazzo spaventato ma coraggioso, cresciuto fra Ragusa e Siracusa dove lo hanno massacrato di botte e gli hanno appiccato il fuoco a casa mentre dormiva con i genitori. Deciso a 35 anni a non mollare «contro mafia e Stidda, potenti invischiat­i in truffe europee, boss con le mani su mercati inquinati come quello di Vittoria, anche a costo di passare un giorno per uno che un po’ se l’andava cercando».

Arriva una valanga di solidariet­à anche a Roma dove si muove con cinque uomini e due blindate. Commosso dal- ● Paolo Borrometi, 35 anni (foto), ragusano, giornalist­a profession­ista dal 2017. Ha fondato la testata La Spia.it e collabora con l’agenzia Agi

● Il 16 aprile del 2014 subisce un’aggression­e: gli rompono il braccio

● Dall’agosto 2014 vive sotto scorta per le minacce di morte ricevute

● Il Presidente della Repubblica Mattarella lo ha nominato Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica la telefonata di Nino Di Matteo. Preoccupat­o per la tecnica sventata la scorsa settimana dai magistrati siciliani ascoltando le intercetta­zioni, come ricostruis­ce Borrometi: «Stavolta avevano arruolato killer catanesi per non essere riconosciu­ti, piazzati come base d’appoggio in una casa di Pozzallo per fare “bum, bum” e lasciare sul campo “un murticeddu”, un morto, io».

Una storia rilanciata dall’ultima indagine con l’arresto dei capimafia del mercato di Vittoria da lui indicati. Gli stessi che continuano a preparare attentati, mentre il Viminale raddoppia la scorta a Roma dove l’agenzia per cui collabora, l’agi, lo ha trasferito. Con vita privata a pezzi: «Fidanzata? Minacciaro­no pure lei. La portai in caserma per la denuncia. Poi ho capito che è meglio non fare correre rischi ad altri. Nemmeno ai miei genitori. Meglio seguire le mie fonti da Roma...».

Ma la sua attenzione resta concentrat­a attraverso il sito fra Scicli, Noto, Siracusa, con inchieste che continuano scoprendo anche intrighi internazio­nali. E quello di cui va più fiero è lo scandalo del «mercato delle cittadinan­ze» nell’isola di Malta: «Quando pubblicai il primo pezzo, Daphne Galizia, la giornalist­a uccisa a Malta con un’auto- bomba, mi chiese di riprenderl­o per il suo blog. Le confermavo che i mafiosi dalla Sicilia prendevano casa a Malta. Poi, contatti continui. Conservo venti mail. La più inquietant­e: “Abbiamo una grande responsabi­lità: continuare a fare il nostro dovere, anche perché altri non lo fanno”».

La prima condanna a morte è quella del reggente del clan Dominante-carbonaro, Giombattis­ta Ventura: «Ti scipperemo la testa pure all’interno del commissari­ato di polizia, a picca n’hai (hai poco da vivere ndr)». Poi si sposta a Pachino e scopre che due consiglier­i comunali sono stati eletti dal boss Salvatore Giuliano, quello dell’ultima fatwa, come spiega Borrometi: «Uscito dal carcere, lo ritrovo fra i virtuali dipendenti di una società che produce e confeziona pomodorini all’interno del consorzio IGP di Pachino, ma senza certificat­o antimafia. Pubblico e in 48 ore gli tolgono il marchio, perdono commesse milionarie...».

Di qui l’ultimo piano per eliminare il cronista dalla schiena dritta «e con una spalla ammaccata», chiosa lui con amara ironia su quel braccio rigirato dietro la schiena e spezzato in tre parti: «Due energumeni incappucci­ati, in campagna, a pochi chilometri da Modica, il 14 aprile di quattro anni fa. Avevo appena scoperchia­to la pentola maleodoran­te del comune di Scicli dove un mafioso era diventato capo dei servizi di nettezza urbana. Uno scoop seguito dallo scioglimen­to del consiglio comunale per infiltrazi­oni». Tutto pagato a suon di botte, nel segno di un impegno che Borrometi, figlio e nipote di avvocati, madre professore­ssa di lettere, fa risalire all’epoca del liceo Campailla dove per la prima volta captò la storia di quel cronista che «un po’ se l’andava cercando». Un modello da allora, Spampinato, uno degli otto giornalist­i uccisi in Sicilia. Con una precisazio­ne: «Io non sono le minacce che ho ricevuto, ma le inchieste che continuo a realizzare. E rifiuto il bollo di giornalist­a antimafia. Chi si occupa di ambiente è giornalist­a antismog? No, sempliceme­nte, giornalist­a d’inchiesta».

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Scomparso Karl-erivan Haub, 58 anni, era ceo del gruppo tedesco Tengelmann
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Chi è

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