GLOBALIZZAZIONE FALLITA? LA MINACCIA È POLITICA
In ogni parte del mondo i lavoratori vivono nell’angoscia di perdere il posto di lavoro e lo stipendio. I cittadini temono le migliaia di sconosciuti che attraversano le frontiere, temono i criminali e i terroristi che uccidono per motivi incomprensibili. E hanno paura che i loro governi non sappiano o non possano proteggerli. E poi questa invocazione di aiuto trova risposta. I populisti come Donald Trump, e altri politici di estrema destra che si sono levati a sfidare la politica dell’establishment in Europa, sembrano avere il dono di saper erigere muri, offrendo una visione di separazione, del «noi contro loro», del cittadino che lotta per i suoi diritti e le sue tutele contro coloro che vorrebbero sottrargliele. A seconda del Paese, «loro» sta a indicare i poveri, gli stranieri o le minoranze, i politici, i banchieri o i giornalisti. I populisti si rivolgono a quanti temono di perdere le loro sicurezze e i loro standard di vita, a quanti restano sgomenti davanti alla percezione del rischio che corrono i loro Paesi di perdere la propria di identità.
Ma c’è una crisi ben più grande che si profila all’orizzonte. Le tempeste che si addensano su Usa ed Europa — tra cui i cambiamenti tecnologici nel lavoro e una rabbia crescente davanti alle disparità di reddito — oggi soffiano anche sul mondo in via di sviluppo, dove i governi e le istituzioni non sono affatto pronti per affrontarle. I Paesi emergenti sono particolarmente vulnerabili, poiché le loro strutture istituzionali e gli ammortizzatori sociali non sono altrettanto forti e radicati come nei Paesi più ricchi. E qui che si rischia di scavare un divario ancora più marcato tra ricchi e poveri. E sono queste le società meno preparate per affrontare i cambiamenti tecnologici.
I Paesi emergenti di successo seguono un medesimo modello di sviluppo. All’inizio sono Paesi poveri, dove la maggioranza della popolazione risiede in zone rurali. Poi i giovani cominciano a spostarsi verso le città, con la speranza di migliorare le loro possibilità di occupazione e di guadagno. Arrivano in cerca di lavoro, e questa improvvisa offerta di manodopera a basso costo attira le aziende manufatturiere provenienti da Paesi dove il costo del lavoro è più elevato. Nelle campagne si diffonde la voce di nuove opportunità di lavoro, scatenando un’ondata ancora più massiccia
Intelligenza Le innovazioni richiedono un livello sempre più alto di istruzione e formazione
di giovani che si riversano nelle città. È una storia che si ripete centinaia di migliaia di volte in Cina, in India, nel Sudest asiatico, nell’africa Subsahariana e in America Latina.
La fase successiva dello sviluppo prende inizio non appena questi lavoratori, un tempo poveri, cominciano a reclamare salari maggiori e migliori condizioni lavorative. Le classi benestanti di consumatori fanno la loro comparsa in Paesi dove prima erano sconosciute. Ma l’aumento delle retribuzioni rende il Paese meno appetibile per le aziende straniere, anche se non mancano i governi pronti alle riforme. Nuove tecnologie — acquistate, inventate o copiate — consentono a questi Paesi di ottenere una produttività ancora maggiore da ciascun lavoratore, mentre servizi e beni di consumo sempre più raffinati e ricercati, a maggior valore aggiunto, spingono verso l’alto i salari. Così nasce il ceto medio.
Tuttavia, il circolo virtuoso che viene a crearsi dall’incrocio di una buona situazione demografica con la mobilità della forza lavoro, la crescita economica e le riforme politiche, comincia pian piano a sgretolarsi. I cambiamenti tecnologici nel lavoro, seppure su scala limitata, riducono drasticamente il vantaggio rappresentato dalle basse retribuzioni che aiutano i Paesi poveri, e i cittadini poveri, ad avviarsi verso l’ascesa sociale.
L’automazione sempre più diffusa sul lavoro, le innovazioni
Sconfitta I perdenti potrebbero decidere di schierarsi e dichiarare guerra all’intero sistema
nei macchinari e la vasta introduzione di nuove forme di intelligenza artificiale fanno sì che i lavori del futuro richiederanno un livello sempre più alto di istruzione e formazione. Chi ha possibilità economiche si assicura l’istruzione, e chi sa dotarsi di conoscenze e competenze avrà ancora opportunità di conquistare ottimi impieghi. Ma per tutti gli altri si prospettano tempi bui.
Per quanto difficile possa sembrare questa transizione negli Stati Uniti e in Europa, essa risulterà molto più ardua nei Paesi emergenti. Una crescita più bassa si traduce in minori entrate per i governi, e di conseguenza meno risorse da spendere per l’istruzione e i servizi, per le infrastrutture e tutte quelle cose che la classe media si aspetta dal governo. Il circolo virtuoso rischia di decadere in vizioso.
È ancora troppo presto per sapere se la rivoluzione tecnologica distruggerà più occupazione di quanta riuscirà a creare. Ma nei Paesi ricchi sappiamo benissimo che i nuovi impieghi saranno molto diversi da quelli tradizionali. Dove andranno allora tutti i giovani ambiziosi e pieni di energie? Le grandi masse di giovani che vediamo in molti Paesi emergenti rischiano di trasformarsi da vantaggio economico in minaccia politica, quando costoro si vedranno bloccare la strada per uscire dalla povertà. Se non riusciranno a entrare nel mondo del lavoro, mai avranno accesso all’istruzione e alla formazione indispensabili per assicurarsi un posto di lavoro nel ventunesimo secolo, con la certezza che anche i loro figli saranno condannati allo stesso destino. Chi riuscirà a conservare il lavoro scoprirà di essere costretto a lavorare per un salario ridotto, privo — o quasi — di benefici accessori. Resta da vedere se coloro che risulteranno perdenti nella prossima ondata di cambiamenti saranno pronti a schierarsi politicamente, a meno che non decidano di dichiarare guerra all’intero sistema. Il risultato potrebbe essere il completo rovesciamento della narrativa globale più importante degli ultimi cinquant’anni, ovvero la convergenza del benessere tra Paesi ricchi e poveri. Sono i Paesi ricchi ad aver accesso alle tecnologie più avanzate e decisive, i sistemi educativi che preparano i cittadini ad adattarsi alle nuove realtà socio-economiche, le risorse da utilizzare per la nuova formazione dei lavoratori, e i forti ammortizzatori sociali per attutire i colpi inflitti dal cambiamento.
Siamo forse davanti al filone d’inchiesta più sensazionale del nostro tempo. (Traduzione di Rita
Baldassarre)