IL SUPER-DEBITO DI NAPOLI, BATTAGLIA DI STRISCIONI TRA SINDACO E «NEMICI»
Dal teatrino della politica, che almeno rispettava i luoghi stiracchiando le liturgie, alla politica avanspettacolarizzata, che vìola sia gli uni che le altre. Così, se Berlusconi si prende la scena al Quirinale, davanti allo Studio alla Vetrata, facendo la finta spalla durante le consultazioni, figuriamoci se de Magistris, dall’indimenticabile esordio in bandana arancione, se la lascia ora togliere a Napoli, a ridosso di Palazzo San Giacomo, sede dell’amministrazione comunale. Sebbene affollata di turisti come non mai, la città rischia il fallimento per via di un duplice debito risalente ai tempi del terremoto e dell’emergenza rifiuti, cioè quando de Magistris neanche immaginava di poter diventare sindaco. E la prospettiva è nera davvero, specialmente dopo una sentenza della Corte dei conti che penalizza il Comune con 86,7 milioni di mancate entrate. Ma invece di sedersi intorno a un tavolo e trovare un modo per finanziare la manutenzione degli edifici pubblici o per fare il pieno alle auto dei vigili urbani, perché a questo si è arrivati, cioè al razionamento estremo, maggioranza e opposizione hanno deciso di giocarsela a suon di spot, di manifestazioni di piazza (due in programma per oggi) e di maxistriscioni ai balconi dei Palazzi. Proprio gli striscioni, anzi, costituiscono la novità di questa sfida, che è anche al decoro urbano. «Salviamo Napoli, de Magistris a casa», sventolano quelli del Pd. «Lega Nord e Pd alleati per il fallimento di Napoli, jatevenne», controsciorinano i supporter dell’amministrazione. E poi c’è de Magistris che gioca in proprio e sovrasta tutti. Ed ecco al suo balcone un terzo striscione, di sei metri per sei, probabilmente da Guinness dei primati. «No al debito ingiusto, Napoli libera», c’è scritto. All’opposizione sfugge che quei debiti sono stati contratti quando era al governo. E alla maggioranza attuale non importa che quegli stessi debiti, col tempo, li ha dilatati anziché ridurli. L’importante è che la scenografia regga alle reciproche contestazioni. E che lo spettacolo continui in vista delle prossime elezioni.
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