Dolce & Gabbana, favola a New York
Il neorealismo degli stilisti conquista Manhattan e l’alta moda scopre il denim, lo sport e il militare In passerella modelle «reali». Le clienti e quei what’s up per assicurarsi gli abiti in esclusiva
«N ew York loves Dolce & Gabbana». La gente li ferma per la strada, li chiama. Dalla Quinta strada a down town. È Isabella Rossellini la meravigliosa madrina che gli stilisti hanno scelto per la loro Alta Moda ospitata al Met Opera l’ultima a dichiararsi a nome della città. Prima di lei Sarah Jessica Parker, alla Public Library, durante il dinner per l’alta Gioielleria. E poi con la voce di Liza Minelli mentre i modelli dell’alta Sartoria sfilano al Rockefeller Center. Una settimana di show e party ed eventi non stop come Manhattan comanda. Dove, è indubbiamente vero, la city si è data al meglio ma bravi i due italiani a portare qui tutta la loro arte e passione con la quale sono riusciti a leggere e interpretare anche questo (nuovo) mondo. Un osmosi di culture vere. Confermando la sensazione che Domenico Dolce e Stefano Gabbana stiano scrivendo un intero capitolo di storia della moda. Un titolo unico e possibile: «Il nuovo realismo». Che se è scontato, doveroso e persino corretto quando si parla di prêt-à-porter, e cioè di abiti confezionati e alla portata di tutti (o per lo meno di tanti) è decisamente rivoluzionario nell’haute couture che sono (cioè erano) gli abiti pezzi unici, costosissimi, legati a un immaginario fiabesco di vite da sogno «immuni» a tempi e costumi.
Non esagera Isabella Rossellini quando si permette il parallelo con le pellicole del padre, Roberto Rossellini che raccontava di un’italia vera, e il lavoro di Dolce e Gabbana. «Trovo che sia edificante la loro mancanza di restrizioni, la loro assoluta libertà di trarre ispirazione da tutto ciò che li circonda. La loro moda mi fa sorridere, mi riempie di gioia», dice fra gli applausi.
d Uomini Ci sorprendono sempre: sono capaci di acquistare il capo che piace loro in tutti i colori possibili
Diamanti& cultura
La conquista di New York comincia dalla profanazione di un tempio della cultura come la Public library che gli stilisti trasformano in una antro delle meraviglie esponendo la collezione di Alta Gioielleria con pezzi di rara artigianalità: collane e diademi e pendenti ma anche accendini, orologi e portasigarette tra rose smaltate, croci di brillanti, stemmi nobiliari, ballerine e sicilianità. Sarah Jessica Parker batte all’asta una parure per le fondazioni del New York Ballet e la Roc United che aiuta i ristoranti in difficoltà, la gara è accesa e all’ultimo “brillo” che è grande come una ciliegia: «vince» una coppia californiana per 300 mila dollari su di un’altra cinese. L’attrice simbolicamente si sfila l’abito d’oro che indossa e offre anche questo nel lotto. La facoltosa e fortunata signora lo indosserà con orgoglio due giorni dopo al Met. Se non è realismo questo?
New York, New York
«Ma se veniamo qui non possiamo camminare senza canticchiare New York New York». Detto, fatto. Perché con loro tutto è possibile. E al 65esimo piano del Rockfeller Center, nella Rainbow Room, il cabaret dal 1937 simbolo della voglia di vivere di questa città, Liza Minelli c’è, malgrado un infortunio. Canta per tutto lo show senza risparmiarsi mentre David Gandy s’inchina a lei come la gran parte dei 104 uomini, giovani e belli. È la prima volta di una collezione Alta Sartoria all’estero. L’omaggio all’america è forte, prorompente: ci sono gli smoking e i completi pigiami e le vestaglie che sono ormai la firma della griffe italiana. Ma anche le divise da baseball e da basket ricamate di paillettes, le camicie con le stampe dei grattacieli famosi (il Chrysler, l’empire, il Flat Iron) e dello skyline. Ci sono le pantofole da sera e le sneaker. Le pellicce
intarsiate e i bomber. Gli stilisti hanno superato la frontiera del “classico” e sono andati oltre esplorando e proponendo una creatività più libera e moderna non accontentandosi di avere praticamente inventato l’haute couture maschile, che non è il su misura, ma un’altra cosa ancora. I clienti americani? «Non ci sono clienti di questo o quel paese — raccontano gli stilisti —, è un mercato unico. Un lavoro di affezione più lento rispetto a quello femminile, ma che ci sta dando soddisfazioni incredibili. E anche tante sorprese. Succede per esempio che ci sono uomini che di un capo ne ordinino di tutti i colori».
Real people
Ci sono Naomi e Ashley, Maye e Romee, Halima e Karen: nuova e vecchia generazione di top, ragazze curvy ed ex ragazze, modelle con il capo coperto e leggende delle passerelle. Ecco un altro nuovo messaggio alla Dolce & Gabbana. Lascia senza fiato la maestosità del Met Opera con i suoi due speculari scaloni che queste giovani donne salgono con le loro vesti da regine e da pin up — organze vaporose o jeans preziosamente ricamati — ma sopratutto con qualsiasi fisicità. «Perché queste sono le vere donne, è inutile negarlo, come le nostre clienti che hanno i loro corpi armoniosi e autentici». In parallelo una moda,
come per l’uomo, sempre meno stereotipata nei cliqué. Ecco il denim, ma anche il militare, lo sport in un mix&match, con artigianalità dell’atelier e il Dna della griffe, sorprendente. I pantaloni baggy o il parka army come l’incredibile pelliccia con intarsiata una coloratissima statua della Libertà o l’abito vaporoso da gran ballo tutto uno sticker sono realizzati interamente a mano. Cento favolosi pezzi che già al passaggio in molte clienti si aggiudicano con un what’s up: c’è il gruppo e chi invia prima si assicura il desiderio esclusivo. Poche ore e la collezione è quasi sold out. E non è realismo anche questo? Quando si dice poi nati con la camicia: al Met è di scena la Turandot di Zeffirelli e la dorata scenografia sul palco diventa la stessa della cena di gala: mozzarella, trofie al pesto e cannoli siciliani. Viva l’italia. «Noi non ci rendiamo conto di quello che abbiamo e che sappiamo fare. Mai ci saremmo immaginati di arrivare sino a qui però eccoci». Temerari? «Macché. Solo amore, tanto per quello che facciamo». That’s it. Non sia mai. La sera dopo il party con Rita Ora al Boom Boom sotto il cielo di Manhattan e poi neppure il 48 ore dopo lo show energizzante e melting pot di ragazzi e ragazze nel nuovo store in Mercer Street. E la storia continua. A luglio, a Como.
Le nostre esprimono armonia con i loro corpi senza alcun problema con la loro fisicità