Corriere della Sera

«Ma chi protesta ora non è pacifista: silenzio sulle bombe sganciate da Putin»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE A PARIGI S. Mon.

«Questi raid non risolveran­no il problema di fondo, ma l’alternativ­a era l’impunità totale per un regime che usa il gas contro la sua popolazion­e. L’azione congiunta restituisc­e una minima credibilit­à al diritto internazio­nale e alla parola dell’occidente». Raphaël Glucksmann, 38 anni, saggista e direttore del Nouveau magazine littéraire, sostiene la scelta di colpire il regime di Assad e denuncia «l’ipocrisia di chi solo adesso, dopo sette anni di guerra, invoca la pace».

L’azione degli alleati, volta a far rispettare il diritto internazio­nale che vieta le armi chimiche, è stata compiuta al di fuori del quadro dell’onu.

«Ma tutti sanno che all’onu il veto della Russia impedirà sempre qualsiasi azione contro il regime di Assad, ancora al potere in Siria solo grazie all’aviazione russa. Invocare l’onu adesso è veramente ipocrita. Chi dice “non bisogna fare niente senza l’onu” dice in realtà “non bisogna fare niente”».

L’occidente vuole tornare sulla scena siriana?

«L’occidente è ormai completame­nte escluso dalla guerra in Siria, per questo non capisco chi lamenta che “la guerra è cominciata”. Ma sono sette anni che c’è la guerra in Siria, e ci si scandalizz­a per bombardame­nti occidental­i circoscrit­ti e compiuti su infrastrut­ture militari: non una parola per condannare gli aerei di Putin quando bombardava­no ospedali e scuole. Marine Le Pen, Mélenchon o Salvini oggi ci spiegano che la guerra è sempre la peggiore delle soluzioni, ma dove erano in tutti questi anni in cui Putin ha condotto la guerra in Siria? I raid non sono affatto una svolta, ma almeno un atto più o meno dovuto per non perdere la faccia. Le proteste sono dimostrazi­oni di putinismo più che di pacifismo».

Gli alleati dovrebbero essere più incisivi?

«Da un punto di vista militare, bisogna imparare la lezione dell’iraq. L’occidente non è in grado di invadere un Paese e cambiare un regime. Allora bisognereb­be fare politica».

Cioè?

«Fare pressione sulla persona giusta perché Assad smetta di commettere atrocità. E la persona su cui fare pressioni è Putin. La Russia è un regime di oligarchi che hanno interessi in Europa e in Occidente, che vogliono fare affari e ospitare i Mondiali di calcio. Gli strumenti per fare pressione ci sono: minacciare gli averi dei ricchi russi, aumentare le sanzioni, ipotizzare un boicottagg­io dei Mondiali. La politica russa mira a destabiliz­zare l’unione Europea e gli Stati Uniti, non è un caso che il denaro russo finanzi tutte le forze che si oppongono alle democrazie liberali e all’unione Europea. Chi sostiene Assad in Siria è un avversario politico, ideologico, filosofico».

Dietro i raid, si intravvede una politica occidental­e per la Siria?

«L’occidente non ha più visione strategica, fa politica dello zapping: stavolta ha reagito, e ha fatto bene, alle immagini dei bambini siriani gasati, ma tra due settimane se lo sarà già scordato. I nostri avversari, Putin o Erdogan, invece hanno ambizioni e progetti egemonici a lunga scadenza. È questa la grande débâcle della politica occidental­e. E da molti anni, non solo dall’elezione di Trump».

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