Torino, i pm cercano un altro ragazzo «La scarsa sicurezza favorì il disastro»
Piazza San Carlo, la Procura punta il dito contro gli organizzatori. Le rivelazioni del capo banda
Sohaib Bouimadaghen, «Budino» per gli amici, ha capito solo adesso di aver fatto «una grossa sciocchezza». A dieci mesi dalla tragedia di piazza San Carlo, ha scelto di collaborare con i magistrati e di raccontare la verità su quella sera. E dalla sua ricostruzione spunta la presenza di un quinto uomo.
Nella notte tra giovedì e venerdì, quando è rimasto seduto per sette ore davanti ai pm che indagano sui fatti del 3 giugno, «Budino» ha ammesso di aver spruzzato il gas urticante che scatenò il caos e ha descritto le persone che si trovavano con lui. Il verbale di quel lungo colloquio con i pubblici ministeri è stato poi secretato, perché contiene i nomi e i cognomi di altri appartenenti alla banda di rapinatori (tutti marocchini di seconda generazione) che per mesi ha colpito tra Torino e il Nord Italia, non disdegnando qualche trasferta all’estero. Di quella gang si conoscono oggi le identità di dieci persone, quattro delle quali avrebbero agito durante la finale di Champions League. Ma all’appello mancherebbe, in particolare, un altro giovanissimo rapinatore: anche lui si trovava in piazza durante Juventusreal Madrid.
Le indagini non si fermano, il cerchio si stringe attorno ai responsabili. Gli arresti eseguiti nei giorni scorsi rappresentano solo il primo step di un’inchiesta a più ampio spettro che tenta di ricostruire le caratteristiche di un fenomeno criminale nato e cresciuto negli ultimi due anni: quello delle bande giovanili che ricorrono allo spray urticante per mettere a segno colpi in luoghi affollati. E se in riferimento alla sera del 3 giugno si dà la caccia a un quinto nome (dopo quelli di «Budino», Mohammed Machmachi, Hamza Belghazi e Aymene Es Sabihi), più in generale sarebbero almeno altri quindici gli scippatori finiti nel mirino della Procura: alcuni di loro avrebbero agito in passato con gli stessi uomini di piazza
Il gip Predatori spregiudicati pronti ad attentare alla salute delle persone per ottenere il loro bottino
San Carlo, altri farebbero parte di bande collegate.
Del resto, gli indizi raccolti descrivono un gruppo criminale strutturato e coeso, che si muove in base a uno schema operativo definito. Non si tratta di una gang di giovanissimi sbandati. «La ricostruzione dell’operato delinquenziale degli indagati — scrive infatti il gip nella misura cautelare — ha consentito di squarciare il velo dietro il quale si cela un gruppo di predatori professionali, organizzati, spregiudicati e pronti a ottenere il proprio bottino anche a costo di mettere in pericolo la salute e la sicurezza non solo delle vittime, ma anche di centinaia, se non di migliaia, di persone». E lo spray diventa «lo strumento che permea di quasi invincibilità le personali e già non comuni capacità predatorie». Quello stesso spray utilizzato la sera del 3 giugno in piazza San Carlo e le cui tracce sono rimaste impresse sul cappellino da baseball di uno dei 1.526 tifosi feriti. Una donna di 38 anni, Erika Pioletti, perse la vita schiacciata dalla folla.
La scoperta del «fattore» che scatenò il caos non cancella le responsabilità di chi organizzò l’evento e gestì l’emergenza. A dirlo sono i pm Vincenzo Pacileo, Antonio Rinaudo, Paolo Scafi e Roberto Sparagna. Se «Budino» non avesse utilizzato il «gas urticante al peperoncino», si legge nel suo decreto di fermo, «non si sarebbe creato il panico tra gli spettatori». Ma «se gli addetti alla sicurezza avessero predisposto misure idonee a salvaguardare lo svolgimento dell’evento», il comportamento di Bouimadaghen «non avrebbe comportato un esito infausto e la moltitudine di individui avrebbe potuto allontanarsi in poco tempo e con facilità». Il colpo messo a segno dai rapinatori e le «omissioni» addebitate agli organizzatori della manifestazione restano pertanto «strettamente connessi».
La condotta dei primi non può giustificare le «inadempienze» degli altri, anche se la Procura distingue il comportamento «doloso» dei ventenni muniti di spray (perché «finalizzato a creare una situazione di panico») da quello «colposo» degli «addetti allo svolgimento ordinato della manifestazione e alla sicurezza degli spettatori». Ecco perché i primi rispondono di omicidio preterintenzionale e ai secondi si contestano l’omicidio, le lesioni e il disastro colposi. Reati, questi, che investono la sindaca Chiara Appendino e altri 14 indagati.