Corriere della Sera

Ritorno a Rigopiano Gli ultimi istanti di vita e la caccia ai ricordi

La Spoon River degli oggetti da restituire alle famiglie

- Gianluca Tanda

La valanga

● Il 18 gennaio del 2017 una slavina investe l’hotel di Rigopiano situato nel comune di Farindola, in Abruzzo

● Nella tragedia muoiono 29 nove tra ospiti e personale dell’hotel

● Al momento della tragedia nel resort ci sono in tutto 40 persone

● Le prime richieste di aiuto vengono sottovalut­ate. In attesa delle turbine per liberare l’accesso bloccato dalla neve, che non arriverann­o mai, gli ospiti dell’hotel restano bloccati per ore

● Alla fine solo 11 persone saranno estratti vivi. Tra anche loro quattro bambini

● Nell’inchiesta avviata per accertare eventuali responsabi­lità sono indagate 23 persone

«Appena le ruspe hanno cominciato a scavare mi sono detto: non disperare, forse Marco è ancora vivo. Per una frazione di secondo, giuro, ho creduto davvero che fossero ancora quei giorni». Gianluca Tanda lo dice quasi scusandosi: «Le emozioni mi hanno confuso, disorienta­to». Suo fratello Marco è morto nella valanga che ha raso al suolo l’hotel Rigopiano. «Diciottesi­mo corpo estratto», per dirla con le parole di Gianluca.

Il fatto è che al Rigopiano martedì le ruspe hanno iniziato a rovistare fra le macerie da portare via (5.800 tonnellate), e per i familiari delle vittime il fiato è di nuovo sospeso, il cuore in tumulto a ogni pietra mossa. Si lavora con delicatezz­a, con rispetto si muovono i resti dei mobili, le travi e i pezzi di ferro snodati come stelle filanti. La «mano» ferrata del mezzo più grande ne raccoglie un cumulo e lo stende in mezzo a una specie di piazzale, poi un gruppo di uomini fa la cernita a mano, oggetto per oggetto, sassolino, per sassolino.

Si cercano ricordi, non importa quali. Sono morti in 29 nell’albergo di quattro piani di Farindola abbattuto da una valanga potente come quattromil­a tir a pieno carico. E adesso ci sono madri, fratelli, padri, figli, fidanzati, mogli che aspettano di riavere indietro qualcosa, anche un piccolissi­mo oggetto insignific­ante appartenut­o a chi non c’è più.

In questi primi giorni di ricerca ne sono stati trovati già molti. Tante giacche a vento, scarpe (molte spaiate), valigie, cappotti, un passeggino, un orologio, un telefonino, qualche maglia, qualche vestito, tute da sci, ombrelli, indumenti intimi, casseforti, pantaloni, il portadisti­ntivo di un poliziotto, un notebook, uno zainetto...

È una Spoon River di cose che hanno il valore della memoria e tanto basta per trattarle come pietre preziose e custodirle nella vicina caserma dei carabinier­i in attesa di restituirl­e alle famiglie. Ovviamente non si sa ancora se sono di sopravviss­uti o vittime. Alcune sono intonse, recuperate in qualche anfratto dove non sono arrivati né la valanga né il crollo, né le intemperie di questo anno e tre mesi. Altre invece, soprattutt­o i vestiti, arrivano al deposito

A sinistra Bianca Iudicone e l’esterno dell’hotel: le due foto sono state inviate dal marito Tobia Foresta al figlio Marco 10 minuti prima della valanga delle 16.49. Sotto, lo scatto di Cecilia Martella, delle 16.46, mandata al padre Marcello: i due lavoratori, Gabriele D’angelo e Faye Dame, sono poi morti nella neve

 Appena le ruspe hanno cominciato a scavare mi sono detto: «Non disperare, forse Marco è ancora vivo» Per un attimo, giuro, ho creduto davvero che fossero ancora quei giorni

stracciate, infangate, piene di terra o inzuppate d’acqua.

Per mostrarle ai familiari di chi non c’è più l’architetto Roberto Chimisso ha messo in piedi per conto dei parenti delle vittime una pagina Web che ciascuno di loro può consultare e che ogni giorno viene aggiornata con le fotografie dei nuovi ritrovamen­ti. Ogni scatto una cartolina da un luogo che non esiste più e che le stesse vittime avevano fotografat­o e filmato fino all’ultimo. Cecilia Martella, per esempio. Era l’estetista del Ri- gopiano. Tre minuti prima che la neve trascinass­e giù un versante intero del Monte Siella scattò e mandò a suo padre Marcello, via Whatsapp, la foto di due lavoratori dell’hotel mentre uscivano dalla finestra per andare a prendere del pellet per la stufa. Erano Gabriele D’angelo e Faye Dame, senegalese. Erano le 16.46. Alle 16.49 un muro di neve, alberi e detriti li ha uccisi tutti e tre. Faye e Gabriele sono stati ritrovati fuori dall’albergo, Cecilia all’interno.

Anche Marco Foresta quel giorno ricevette delle fotografie: una di sua madre Bianca davanti al camino un paio d’ore prima che tutto crollasse e un’altra, panoramica, dal cellulare di suo padre Tobia, alle 16.39. Si vedono piccole luci dietro una vetrata e poi solo neve, nient’altro che neve. Marco consulta ogni sera il sito con le foto degli oggetti ritrovati. Vorrebbe tanto riavere il telefonino di sua madre: «Per leggere i suoi ultimi messaggi, guardare le foto che scattò prima di morire».

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 ??  ?? Recuperati Nella foto uno zaino recuperato nell’area dell’hotel Rigopiano. Per capire a chi appartengo­no i tanti oggetti ritrovati è stato creato un sito web a disposizio­ne delle famiglie delle vittime
Recuperati Nella foto uno zaino recuperato nell’area dell’hotel Rigopiano. Per capire a chi appartengo­no i tanti oggetti ritrovati è stato creato un sito web a disposizio­ne delle famiglie delle vittime
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Le foto inedite sulla tragedia avvenuta all’hotel Rigopiano sedici mesi fa sul nostro sito Su Corriere.it

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