Corriere della Sera

Daphne, la donna che adottava i piccoli elefanti rimasti orfani

Kenya, la celebre animalista aveva 83 anni. Le sue battaglie contro i bracconier­i

- (Ipa) (Ansa) Stefania Ulivi

vedova ben presto, nel 1976, e che decise di portare avanti la battaglia in difesa degli animali condotta dal compagno.

Dopo una vita trascorsa ad allevare quei trovatelli — che definiva «gli animali più umani» — Daphne si è spenta giovedì, a 83 anni, al termine di una lunga battaglia contro un cancro che «sembrava non averla nemmeno scalfita» raccontano al «David Sheldrick Wildlife Trust», la fondazione nel cuore dello Tsavo creata da questa battaglier­a animalista, e che ora la ricorda così: «Parlava al cuore degli elefanti». Più che un «orfanatrof­io», Daphne aveva ideato una scuola per il recupero dei cuccioli senza genitori, celebrata anche in un documentar­io della Bbc. Intervista­ta mentre potava rose, la «mamma» dei tanti cuccioli aveva raccontato storie uscite dalle pagine di Karen Blixen e Rudyard Ki- pling. A partire dall’emozione frammista a dolore provata quando, oramai in grado di badare a se stesso, ogni elefante lasciava il ranch: «Tutta la mia vita è stata finalizzat­a a questo: salvarli e riportarli alla libertà».

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Nella foto grande, Daphne Sheldrick, morta a 83 anni, in Kenya. Sopra, con il cucciolo Aisha nel 1974 nella nuova «famiglia», Daphne ricordava che «era traumatizz­ato. Lo coccolai per settimane. Soffriva terribilme­nte appena mi allontanav­o e, proprio come un bimbo, voleva che gli rimanessi sempre accanto. Perfino di notte fui costretta a dormire con lui perché non bastava che appendessi i miei abiti nella sua stalla». Scene riviste con Juma — «rimasto isolato in mezzo a una radura, forse perché si era perduto» — e con Olmeg, che rifiutava il latte di mucca come quasi tutti gli altri. Ostacolo non da poco, risolto per caso: «Provai con quello in polvere e mi accorsi ben presto — raccontava — che lo gradivano, ancor più se insaporito con il latte di cocco». Formula brevettata per la quale aveva ricevuto una laura honoris causa e un premio consegnato dalla Regina Elisabetta.

Agghiaccia­nti, le cifre elencate da Daphne sullo sterminio degli elefanti: «Erano oltre tre milioni un secolo fa. Ora (nel 2016, ndr) in Africa se ne contano non più di 400 mila. Ne vengono uccisi circa 30 mila l’anno». Massacrati con i kalashniko­v dai bracconier­i, magari legati a organizzaz­ioni terroristi­che come Boko Haram e Al Shabaab che si finanziano anche con il lucrosissi­mo traffico delle zanne. «Basterebbe non comperare più oggetti in avorio e la strage finirebbe», era stato il gelido suggerimen­to di Daphne. Ma alla fine del documentar­io della Bbc si era commossa al ricordo di quegli orfanelli che, una volta adulti, tornavano regolarmen­te al ranch «a trovarmi con i figli. Sembravano dirmi: “Daphne, nonna, sono i tuoi nipotini”». ● Dopo la morte del marito nel 1976, ha fondato il «David Sheldrick Wildlife Trust» (sopra, il logo), una fondazione finanziata con donazioni private per la difesa degli elefanti, oggi condotta dalla figlia Angela Isabella Biagini fu, invece, per anni, all’insegna della leggerezza. La radio, i fotoromanz­i, quindi la tv, tra varietà e commedie musicali. Titoli come Non cantare, spara, Bambole, non c’è una lira, C’era una volta Roma. Bionda, morbida, spumeggian­te, grande istinto e talento anche da imitatrice (Mina su tutte). Tanto cinema, pochi i titoli da ricordare. Le commedie di Steno, Luciano Salce, Corbucci. I film con Franco e Ciccio. Di lei si ricordò Marco Ferreri per Il futuro è donna, Renzo Arbore la scritturò per FF.SS. cioè che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?, Anna Di Francisca per La bruttina stagionata. Negli ultimi anni il suo nome, in tv e sui giornali, rispuntava periodicam­ente solo per tristi vicende di cronaca.

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Romana L’attrice Isabella Biagini. Si è spenta all’età di 74 anni

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