Processo al «Rasputin» Selmayr che fa tremare Juncker e i vertici Ue
Duello a Strasburgo sulla promozione del braccio destro del capo della Commissione
Se tutte le critiche (giuste e meno) o le accuse (vere e false) che i tribuni populisti sono soliti scagliare contro l’unione europea potessero incarnarsi in una sola persona, questa si chiamerebbe Martin Selmayr. Anche a Bruxelles, i soprannomi che ha collezionato la dicono lunga su questo alto funzionario della Commissione europea: da Rasputin a Mazarino, da «Principe della notte» a Frank Underwood, il carrierista senza scrupoli di House of Cards.
Tant’è. Quarantasette anni, tedesco di Bonn, una capacità di lavoro mostruosa, Selmayr era fino a febbraio il capo di gabinetto del presidente Jeanclaude Juncker. Europeista convinto, preparato, brillante e temuto perfino dai commissari, Selmayr ha concentrato nelle sue mani un potere immenso, al punto che in tanti nella capitale d’europa lo indicano con qualche esagerazione come il burattinaio di Juncker. Che abbia una concezione altissima di sé, è un fatto: all’apice della crisi greca, fu lui con un tweet a dire che una proposta di Atene rappresentava «una buona base per fare passi avanti al prossimo vertice sull’euro». Ci volle Wolfgang Schäuble in persona per rimetterlo in riga e ricordargli che «simili dichiarazioni non S e un’anatra zoppa è un leader che i suoi stessi alleati cercano di isolare e depotenziare, allora Angela Merkel inizia pericolosamente a rispondere alla definizione. Più delle voci, lo segnala il calendario di questo scorcio iniziale di questo che probabilmente sarà l’ultimo governo della cancelliera tedesca. L’accordo dei suoi cristiano-democratici e dei cristiano-sociali con la Spd è rimasto appeso fino al 4 marzo scorso, in attesa che si pronunciassero in un referendum i militanti socialdemocratici.
Forse però il momento più emblematico per Merkel è arrivato il giorno dopo. Il 5 marzo i ministri delle Finanze di Olanda, Finlandia, Irlanda, Estonia, Lituania, Lettonia, Danimarca e Svezia hanno pubblicato un documento che contraddice lo spirito e molti dei punti specifici del programma europeo concordato da Merkel con la Spd. Gli otto respingono l’idea un bilancio dell’area euro per investimenti nei Paesi più fragili e chiedono procedure di default sul debito per i governi in difficoltà. Merkel e la Spd avevano cercato di aprire la strada a un accordo entro giugno con Francia o Italia sul governo dell’euro, basato su un equilibrio fra disciplina e risorse finanziarie comuni. Gli otto Paesi del Nord hanno sbarrato la porta. ● Martin Selmayr, 47 anni, ex capo di gabinetto di Jean-claude Juncker, è stato nominato segretario generale della Commissione, posto più alto nella gerarchia dei funzionari Ue I Paesi del Nord Europa che hanno firmato un documento contro investimenti nei Paesi più fragili dell’area euro spettano a un funzionario». Ma in febbraio, in meno di dieci minuti, Selmayr ha compiuto il balzo più formidabile della propria carriera, quello che però potrebbe perderlo per sempre. Più grave ancora, come in una tragedia shakespeariana dove «quando una maestà finisce è un gorgo che tutto trascina con sé», la sua personale caduta potrebbe coinvolgere Juncker, innescando una gravissima crisi politica ai vertici della Ue: «Se lui si dimette, vado via anch’io», ha detto il presidente della Commissione.
Ricapitoliamo i fatti. Il 21 febbraio scorso il collegio dei commissari nomina Selmayr vice-segretario generale della Commissione. Subito dopo Juncker annuncia che il segretario generale, Alexander Italianer, andrà in pensione in anticipo e con procedura mozzafiato propone «nell’interesse del servizio» di nominare immediatamente al suo posto Selmayr, che ha appena acquisito i requisiti per l’incarico. I commissari sono basiti. Nessuno ne sapeva nulla. Quello di segretario generale è il posto più alto della gerarchia europea, il grand commis che guida una macchina complessa e delicata con quasi 30 mila dipendenti, un potere enorme. Eppure nessuno dice nulla, quasi fossero tramortiti dal colpo di mano di Juncker. E Selmayr diventa numero uno.
Dura poco. La bizzarria viene subito notata e raccontata da Libération, che contesta il mancato rispetto delle regole e ipotizza un piano minuziosamente preparato ed eseguito. La Commissione, invece di spegnere subito l’incendio, difende la nomina a spada tratta. Messo sulla griglia da una commissione dell’europarlamento, il commissario Günther Oettinger non concede nulla nella forma e nel merito: Selmayr è la scelta giusta, «fatta nella lettera e nello spirito delle procedure previste».
Sembra una soap opera, ma improvvisamente il caso Selmayr diventa politico. Un po’ per l’arroganza del personaggio, che dopo la nomina ha continuato a essere l’ombra di Juncker ovunque, come se guidasse ancora il suo gabinetto, In Germania per la prima volta la cancelliera ha visto crescere alla propria destra una forza sciovinista come Alternative für Deutschland (al 15% nei sondaggi) e anche i conservatori della Cdu e della Csu ormai inseguono alcuni slogan: sui rifugiati, ma anche contro qualunque presunta «solidarietà» verso gli altri Paesi dell’area euro. E in Europa il modello nazionalista del premier ungherese Viktor Orbán esercita un fascino innegabile su larghi settori del centro-destra. Il fronte sovranista e euroscettico resta variegato — interno o alla destra del Partito popolare europeo, presente in Austria, in Baviera o in Ungheria — ma concorda su un punto: l’italia e gli altri Paesi vulnerabili vanno lasciati soli a gestire i propri problemi, dalle emergenze migratorie alla tenuta del debito.
È in questo quadro che Merkel somiglia sempre più a un’anatra zoppa, anche perché quasi tutti pensano che non si possa ripresentare alle elezioni tedesche del 2021. Tutto però si può dire della cancelliera, meno che le manchi G. Oettinger fosse l’aula di Strasburgo o un vertice bilaterale. Ma soprattutto perché, di fronte al montare dello scandalo, il vecchio Juncker sbotta alla sua maniera, legando il suo destino (e di fatto di tutta la Commissione) a quello del giovane protegé.
Il duello all’o.k. Corral comincia oggi a Strasburgo. La commissione per il controllo del Bilancio vota una risoluzione che parla di «azione golpista» da parte di Juncker e lo critica severamente. Ma fra i 129 emendamenti, ci sono anche la richiesta di dimissioni per Selmayr o la revoca della nomina. Mercoledì il testo va in plenaria. Sulla carta Juncker ha certi solo i voti dei suoi popolari, il gruppo più numeroso. L’esito della partita è aperto. Ci sono vecchi conti da regolare: il fronte che vuole far piazza pulita — liberali, verdi, euroscettici ed eurofobi — potrebbe ampliarsi. Come da copione i socialisti sono divisi. Perfino molti deputati tedeschi vorrebbero dare una lezione a Selmayr. Juncker la scorsa settimana ha chiesto ai commissari solidarietà incondizionata sulla vicenda. Gliel’hanno data, sia pur con qualche riserva espressa da Federica Mogherini e Pierre Moscovici. Il rischio rimane: non è solo per un punto, ma Martin rischia di perdere la cappa.
d
La scelta di Selmayr è stata presa all’unanimità da tutti i commissari. La Commissione ha agito senza indugio
commissario Ue