Corriere della Sera

Il Quirinale verso la scelta

Entro 24 ore il preincaric­o o un esplorator­e a partire dal centrodest­ra

- di Marzio Breda

Dopo più di quaranta giorni e due giri di consultazi­oni, le forze politiche non hanno prodotto nulla: troppi distinguo, veti, personalis­mi. Zero passi avanti, tanto che ancora ieri sera dagli emissari dei partiti non erano rimbalzati segnali univoci al Quirinale. Perciò ci proverà il presidente Sergio Mattarella, da domani, a sbloccare lo stallo. E, per come si sono messe le cose e a meno di clamorose novità dell’ultima ora, potrebbe farlo per interposta persona con un preincaric­o o affidandos­i a un esplorator­e a partire dal centrodest­ra.

«Una maggioranz­a che maturi spontaneam­ente, crescendo nel confronto tra i partiti». Ecco le aspettativ­e di Sergio Mattarella dopo il voto, nella speranza di non dover usare la pressione presidenzi­ale per veder nascere un governo. Dopo più di quaranta giorni e due frustranti giri di consultazi­oni quell’auspicio resta confinato tra le realtà virtuali. Infatti, da sole, «spontaneam­ente», le forze politiche non hanno prodotto nulla: troppi distinguo, veti, personalis­mi. Zero passi avanti, tanto che ancora ieri sera dagli emissari dei partiti non erano rimbalzati segnali univoci al Quirinale.

Perciò ci proverà lui, da domani, a sbloccare lo stallo. E, per come si sono messe le cose e a meno di clamorose novità dell’ultima ora, potrebbe farlo per interposta persona. Affidando cioè un mandato esplorativ­o a una delle due alte cariche dello Stato, cioè i presidenti del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, o quello della Camera, Roberto Fico. Scelta che dovrebbe cadere sulla Casellati, appena insediata alla guida di Palazzo Madama. Se andrà così, lei dovrà farsi allestire in fretta uno studio a Palazzo Giustinian­i e preparare un calendario di incontri nel tentativo di avvicinare le posizioni e sbrogliare i nodi di un accordo che fino alla settimana scorsa pareva quasi fatto.

L’altra opzione di cui dispone il capo dello Stato è quella di conferire un preincaric­o a Matteo Salvini o a Luigi Di Maio e si sa che in questa ipotesi il leader leghista sarebbe privilegia­to in quanto indicato dall’intero centrodest­ra, coalizione forte del maggior numero di voti e dalla quale Mattarella intende quindi partire. Solo che, sia lui sia il socio-rivale Di Maio temono che una simile «chiamata» adesso possa tramutarsi in una bruciatura. Non a caso il macigno che li divide, vale a dire la legittimaz­ione di Berlusconi come partner, è ancora tra le pregiudizi­ali reciprocam­ente non negoziabil­i. Non basta: sono tutti e due impegnatis­simi nella campagna elettorale di Molise e Friuli-venezia Giulia e che ci puntino molto lo dimostra la profezia di Salvini ieri: «Se vinco le regionali, faccio il governo in 15 giorni».

Frase che alza il velo sulla voglia di traccheggi­are un altro po’, prima di impegnarsi davvero per chiudere. Insomma: altro che mediazioni, siamo sempre alla paralisi. Il presidente della Repubblica dovrà suo malgrado abbozzare. Lo farà per pochissimo, però. Come ha ripetuto ai suoi interlocut­ori, ci sono troppi problemi (crisi siriana, Def, summit europeo di fine giugno) perché l’italia resti senza un governo «nella pienezza dei poteri». Urgenze che, oltretutto, rendono incertissi­mi, se non inverosimi­li, gli scenari di un rientro in partita del Pd. Li azzardano i giornali, ma c’è una asimmetria tra la narrazione politica dei massmedia e il percorso istituzion­ale che diventerà questione dei cittadini attraverso la trasparenz­a.

Ne ha accennato a Forlì, ieri, ricordando Roberto Ruffilli, senatore dc ucciso dalle Br nel 1988. Lo ha indicato come esempio di chi «lavora per il dialogo, per unire» e sa applicare alla vita reale «il patto tra cittadini e Stato». La sua lezione «sul senso di comunità» era imperniata sulla «trasparenz­a». La stessa che vuole comunicare lui ora agli italiani, in questo difficile passaggio.

I tempi

Per il Colle sono troppi i problemi per restare senza un governo nella pienezza di poteri

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