La dote dei «facilitatori»
In Parlamento potrebbe servire un aiuto per avere una maggioranza Caiata, ex M5S: prevarrà il senso di responsabilità
In Parlamento parte la ricerca di «facilitatori», ovvero di quei deputati e senatori di ogni colore pronti ad assicurare il sostegno all’esecutivo che governerà il Paese. Il veto dei partiti e la responsabilità.
ROMA In principio, nel dicembre del 2010, c’erano i 21 deputati del gruppo «Iniziativa Responsabile» che salvarono il premier Silvio Berlusconi. Di recente, soprattutto al Senato, si sono materializzati i «Verdini boys» di Ala che hanno stabilizzato i governi Renzi e Gentiloni. E oggi, nel momento in cui non esiste ancora una maggioranza di governo, si riapre lo spazio in Parlamento dei «facilitatori» — deputati e senatori di ogni colore — pronti ad assicurare il sostegno a un esecutivo che governi il Paese.
I «facilitatori» della Terza Repubblica, superando i veti incrociati tra i partiti, potrebbero dunque portare in dote i loro preziosissimi voti al capo dello Stato in modo da superare l’impasse in cui si trova oggi il sistema politico. Quattro gli scenari sul tavolo: il centro destra che «cerca i numeri in Parlamento»; un asse PD-FI capace di aggregare una maggioranza; una svolta a sinistra M5S-PD-LEU; infine il governo del presidente guidato da un personalità scelta al di fuori dei partiti.
Il nucleo solido dei «facilitatori» ha preso casa nel gruppo Misto di Camera e Senato. «Il senso di responsabilità deve prevalere su tutto», risponde il presidente del Potenza Calcio Salvatore Caiata (ex M5S). Un altro ex grillino, il massone Catello Vitiello, fa una lunga premessa («Vediamo se il progetto è condiviso dal M5S...») e poi dice secco: «Se si ragiona su punti programmatici, io ci sto». Al Senato lo stesso preambolo lo fa Maurizio Buccarella (allontanato dal Movimento): «Prima di prendere qualsiasi decisione dovrei capire qual è la valutazione del M5S». E c’è anche Silvia Benedetti (ex M5S) che è ancora più diplomatica: «Un governo istituzionale? Bella domanda ma preferirei parlarne quando vedrò con i miei occhi la proposta».
Dalle parti di Arcore raccontano che Silvio Berlusconi abbia nel cassetto la lista con i nomi di una cinquantina di deputati e di una ventina di senatori eletti nei collegi uninominali per il M5S. Soprattutto a loro, fanno filtrare gli uomini del Cavaliere, interesserebbe una legislatura che duri 5 anni. Tra i grillini eletti nel maggioritario — esclusi i fedelissimi della Casaleggio Associati — in tanti temono il voto anticipato perché non verrebbero ricandidati.
E qualcosa si muoverebbe anche a sinistra: «Mai con il centrodestra», chiarisce Loredana De Petris (Leu) che però lascia una porta aperta se il M5S e il Pd dovessero convergere su temi condivisi: «Siamo gli unici ad avere accettato l’incontro con i grillini sui 20 punti programmatici». Più cauto Riccardo Nencini (socialisti): «Prima di ogni ragionamento deve esaurirsi in maniera cristallina la stagione dei due vincitori. Poi si vedrà quale scenario si apre...». Anche Manfred Schullian (Svp), come gli altri 6 parlamentari delle minoranze, non si sottrarrà alle richieste del capo dello Stato: «Tuttavia, al di là delle formule, sono essenziali i contenuti».
Il centrodestra presidia il Misto con Enrico Costa (Noi con l’italia): «La mia posizione sarà in linea con quella di Forza Italia». Mentre Maurizio Lupi (Noi con l’italia) parla del «governo del presidente come estrema ratio»: «Sarebbe l’ultima carta da giocare. In ogni caso, ogni decisione la prenderemo con il centrodestra», spiega. Dall’argentina fa sentire la sua voce il senatore Riccardo Merlo (Maie) che parla anche per il deputato Mario Borghese: «Il governo lo devono fare M5S e Lega... Certo se non riesce sarebbe meglio tornare al voto. Ma, allo stesso tempo, sarebbe difficile per noi eletti all’estero, non ascoltare la richiesta del presidente della Repubblica per un governo istituzionale».
E Riccardo Magi (+Europa) la mette infine così, sul governo del presidente: «Dipende come ci si arriva. Ovvio, nessuno può escluderlo e nemmeno darlo per scontato».