Corriere della Sera

Perché ci colpisce un uomo fragile che ha sprecato il suo dono

- Di Marco Imarisio

Se fosse solo tennis, sarebbe più facile. Roberto Palpacelli è stato un essere umano fragile baciato dal talento. Non abbiamo perso un Federer. Al massimo, con l’approssima­zione che comporta il giudizio tecnico su un fu adolescent­e di 16 anni, abbiamo perso un giocatore dal potenziale a metà strada tra Andreas Seppi e Fabio Fognini, uno che avrebbe potuto diventare un ottimo profession­ista. Non è un caso unico, il suo. L’italia delle racchette è maestra nel perdersi per strada talenti che da ragazzi spaccano il mondo facendo incetta di titoli juniores. È un problema ormai cronico che riguarda la gestione del passaggio al mondo del profession­ismo. Insomma, un tema delicato ma importante solo per gli aficionado­s di questo sport. A quei livelli, il «Palpa» non ci è neppure arrivato. Nei molti anni in cui ha continuato a non andare a letto presto la sera, facendosi male in ogni modo possibile, è diventato suo malgrado una leggenda per intenditor­i. Non si sapeva nulla di lui. Il mistero alimentava un culto sotterrane­o persino esagerato. Come riconosce per primo il diretto interessat­o. Fino a quando per conto de Il tennis italiano il collega Federico Ferrero è riuscito a farlo venire allo scoperto. L’articolo, anticipato sul sito del Corriere, è diventato il più letto del giorno. E non solo perché è un bellissimo «pezzo». Forse la storia di Palpacelli racconta qualcosa a tutti, non solo a noi malati di tennis. Mette tristezza, leggere di un ragazzo che poteva essere tutto e ha rischiato di diventare niente. C’è sempre questa frase, pomposa e spesso falsa, che lo sport è metafora della vita. I tanti Palpacelli sparsi per i campi di periferia, non solo nel tennis, ci dicono quanto sia difficile per un ragazzo affrontare l’adolescenz­a. E ci ricordano che lo sport non è fatto solo di luci della ribalta, di semidei predestina­ti come Federer o CR7. Nei film che ogni tanto ci consolano, alle discese agli inferi corrispond­e sempre il ritorno dell’eroe. A Palpacelli non è successo. Non c’è nessun trofeo sollevato sul centrale di Wimbledon. C’è solo un uomo che ha buttato via il suo dono, ha sofferto e fatto soffrire. Ma infine è riuscito a venire a patti con se stesso e con i propri demoni. E si accontenta. Perché è quello che a un certo punto facciamo tutti. Perché è così che vanno le cose nella vita vera.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy