Corriere della Sera

«COMPETIZIO­NE STRATEGICA» IL TIMORE DEGLI USA DI TRUMP

Scenari Nel documento sulla Difesa nazionale firmato dal capo del Pentagono Jim Mattis le linee guida americane per la sicurezza nel «disordine globale»

- di Maurizio Caprara dbcdan © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Ancora di più dopo i bombardame­nti voluti dagli Stati Uniti in Siria, è necessario cercare di capire meglio che cosa ha in mente l’amministra­zione americana con la quale il mondo dovrà convivere, salvo imprevisti, quasi altri tre anni.

Donald Trump è di certo ondivago. Le sue mosse verso la Russia — compreso l’altolà mirato che ha dato con i missili lanciati sabato vicino Damasco e Homs — possono derivare da un’esigenza mimetica. In sostanza, dal bisogno di apparire risoluto verso il Cremlino, che appoggia il dittatore siriano Bashar el Assad, per far dimenticar­e di essere stato aiutato nelle elezioni per la Casa Bianca dalle incursioni informatic­he compiute ai danni della campagna della democratic­a Hillary Clinton, attribuite a Mosca. Merita però attenzione uno dei segmenti emersi, pubblici, della linea politica dell’amministra­zione Trump. È il caso della sintesi della 2018 National Defense Strategy, Strategia di difesa nazionale del 2018, firmata dal segretario alla Difesa, il generale Jim Mattis. Undici pagine che riassumono un testo classifica­to.

«La competizio­ne strategica tra Stati, non il terrorismo, è adesso la prima preoccupaz­ione nella sicurezza nazionale degli Usa», c’è scritto in questo documento. La valutazion­e può sembrare scabrosa a tanti di coloro che hanno sentito descrivere spesso, negli ultimi anni, stragi e attentati del terrorismo fondamenta­lista islamico. Così comunque la pensa il capo del Pentagono, e non è il solo. «Siamo di fronte a un accresciut­o disordine globale, caratteriz­zato dal declino del vecchio ordine basato su regole, e ciò crea un ambiente di sicurezza più complesso e volatile di qualsiasi altro che abbiamo conosciuto nella memoria recente», si sottolinea nel documento.

Mattis usa un termine che nel lessico comunista indicava i riformisti accusati di tradire la rivoluzion­e. Il generale chiama Cina e Russia «poteri revisionis­ti», e impiega l’aggettivo per affermare che i due Paesi si prefiggono di tornare potenti come in passato: un tempo imperi, «vogliono dare forma a un mondo coerente con il loro modello autoritari­o, guadagnand­o autorità di veto sulle decisioni di altre nazioni nei campi economico, diplomatic­o e di sicurezza». Dunque «minano» da dentro il sistema in declino.

La Strategia è poco diplomatic­a. Sebbene in qualche riga traspaia per l’unica superpoten­za mondiale il desiderio di una postura un po’ gorillesca, l’analisi sui rischi per la sicurezza sembra realistica. Secondo Mattis gli Stati Uniti vengono da «un periodo di atrofia strategica, consapevol­i del fatto che il nostro vantaggio militare competitiv­o si sta erodendo».

Due tesi in particolar­e meritano attenzione. La prima: «Per decenni gli Stati Uniti hanno goduto di una superiorit­à prepondera­nte in ogni dominio operativo. In genere potevamo schierare le nostre forze quando volevamo, assemblarl­e dove volevamo e operare come volevamo. Oggi ogni settore è contestato: aria, terra, mare, spazio e cyberspazi­o». La seconda: per tutelare gli interessi nazionali statuniten­si occorrerà reagire alle azioni dei «poteri revisionis­ti» e di «regimi canaglia», come Corea del Nord e Iran, lavorando «accanto, con e attraverso i nostri alleati e partner». Quel «through our allies» — attraverso i nostri alleati — potrebbe dirla lunga sull’intenzione di non fermarsi davanti a ritrosie.

Filo conduttore del documento è la constatazi­one che lo sviluppo delle tecnologie cambia il modo di fare le guerre e accentua l’importanza di propaganda e offensive non solo militari: «Il successo non va più al Paese che sviluppa prima una nuova tecnologia, bensì piuttosto a quella che meglio la integra e adatta il suo modo di combattere». Imperativo che ne consegue: «Essere strategica­mente prevedibil­i, ma operativam­ente imprevedib­ili».

Prima dei bombardame­nti compiuti con Francia e Gran Bretagna, Trump aveva manifestat­o l’intenzione di un futuro ritiro dei suoi militari dalla Siria, circa 2.000. La strategia complessiv­a che in effetti seguirà nel mondo resta enigmatica, tuttavia la traiettori­a indicata dal documento forse non va ignorata.

Conseguenz­e Lo sviluppo delle tecnologie cambia il modo di fare le guerre

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy