Da «ripudiati» a osannati La rivincita dei professori
«Non vogliamo un governo di professoroni», diceva Luigi Di Maio nell’ottobre di tre anni fa. E visto che il concetto forse non era chiaro, ecco che sottolineava che «non ci interessano professoroni che teorizzano sui problemi e non li sanno risolvere. Li abbiamo già visti all’opera». Né un governo di professori né tantomeno un governo composto «da aridi burocrati», come precisava lo stesso capo politico dei M5S pochi giorni prima delle ultime elezioni. Sullo stesso tema, Matteo Salvini non è stato da meno. Note le sue antiche intemerate nei confronti del governo Monti, il leader della Lega, più di recente, ha motivato la sua stroncatura ai critici del populismo usando, come esempio, proprio la categoria più avversata. I professori. «Essere populista è un vanto», parole sue, «se significa dire in un minuto quello che certi professoroni dicono in tre o quattro ore».
E così, incredibile ma vero, all’alba di una legislatura iniziata all’insegna del più forte e chiaro dei no rivolti all’accademia prestata al governo o alla burocrazia, ecco che le categorie dei burocrati e dei professori si prendono la più incredibile delle rivincite. Basta osservare a occhio nudo i primi capitoli del romanzo collettivo che coinvolge Di Maio, Salvini, il Pd nella disperata ricerca di un governo. In cui i burocrati — del Quirinale, di Palazzo Madama, di Montecitorio — gestiscono la macchina delle consultazioni. E in cui proprio loro, i professori, stendono i contratti dai quali dovrà venire fuori il programma dell’italia che verrà.
Perché non c’è soltanto l’ormai celeberrimo professor Giacinto della Cananea dietro il lavoro dei contratti commissionati da Di Maio. L’accademico, come lui stesso ha precisato, si è avvalso della collaborazione — testualmente — di «esperti indipendenti e di provata professionalità». Segue elenco: Elena Granaglia e Fabio Giulio Grandis di Roma Tre, Leonardo Morlino della Luiss, Gustavo Piga di Tor Vergata, Andrea Riggio dell’università di Cassino e anche «della dottoressa Angela Ferrari Zumbini per lo studio dell’accordo di coalizione recentemente stipulato in Germania». Professori, professori ovunque. «I programmi cambiano e i contratti vengono redatti da professori su input di chi considerava il governo dei professori un male assoluto», annota Carlo Calenda.
Il «professore prestato alla politica» per antonomasia degli ultimi anni, Mario Monti, sorride. «Ho notato anche io questo ritorno degli accademici», scandisce divertito. E le vecchie accuse che soprattutto M5S e Lega gli hanno rivolto per anni, nel merito e anche nel metodo? L’ex premier non porta rancore, anzi. «Devo dire che il rinnovamento dell’establishment proposto soprattutto dal M5S è un’operazione salutare. Questo vale per l’italia, ovviamente. Sul fronte europeo ci vorrebbe molta più cautela. Posso aggiungere una cosa?». Prego. «Tutti hanno sempre parlato di me come di un tecnico. In realtà, da commissario europeo ho ricoperto un ruolo politico. E poi, mi scusi, che cos’era, se non politica, l’aver riunito in un’unica maggioranza nel 2011 forze politiche che prima non si parlavano se non per insultarsi?».