Il terremoto italiano da Tim a Mediaset Ma Vivendi rischia una doppia sconfitta
La notizia del fermo di Vincent Bolloré arriva quando mancano una manciata di minuti all’inizio dell’assemblea di Tim, di cui Vivendi è il primo azionista con il 23,8%. Il finanziere bretone non ha ruoli diretti nel gruppo telefonico, ma è il regista della strategia della media company di cui ha lasciato appena una settimana fa la presidenza al figlio Yannick. Ma è chiaro che il fermo rischia di indebolire la difesa di Vivendi di fronte all’avanzata di Elliott, che ora ha una carta pesante da giocare per convincere gli investitori a votare per i propri candidati all’assemblea del 4 maggio, e quindi a mandare in minoranza la media company parigina in Tim.
Una prospettiva che ora per il fondo Usa si fa più concreta e che per Vivendi, leggi Bolloré, significherebbe veder vanificati 4 miliardi di euro investiti in Tim per creare una piattaforma paneuropea della pay-tv. Nel progetto rientrava anche l’alleanza con Mediaset, che si è però infranta davanti al tentativo di Bolloré di scalare il Biscione arrivando al 29,9%, dopo aver strappato un contratto già firmato per l’acquisto di Premium.
«Il signor Bolloré non si è smentito nel modo in cui si è comportato anche in Tim perché ha usato la delicatezza e la compostezza di un Attila» ha commentato ieri Marina Berlusconi, «soltanto che Attila un impero enorme era riuscito a crearlo — ha aggiunto parlando a margine dell’assemblea di Mondadori, di cui è presidente — di loro abbiamo visto tutti molto bene e toccato con mano l’arroganza e la spregiudicatezza anche perché non fanno nulla per nasconderle». Con Vivendi, ha concluso Berlusconi, «l’unica cosa che sta andando avanti e che andrà avanti fino in fondo sono le cause legali».
Aprendo l’assemblea di Tim il vicepresidente, Franco Bernabé — presidente in seguito alle dimissioni di Arnaud De Puyfontaine — non ha fatto cenno a quello che sta succedendo a Nanterre ma in sala il passaparola ha impiegato un attimo ad aggiornare i soci, chiamati ieri a confermare la nomina di Amos Genish a ceo di Tim, a votare il bilancio 2017, il dividendo e a rinnovare il collegio sindacale. Anche Elliott, presente con il 9,1%, ha lasciato da parte la vicenda di Bolloré per concentrarsi sui conflitti di Vivendi e sul ruolo di Genish, a cui ha dato fiducia.
«Siamo convinti — ha detto Giorgio Furlani, rappresentante del fondo Usa — che la decisione che verrà presa il 4 maggio farà voltare pagina alla società dal punto di vista della governance». Ieri Elliott non aveva motivo per «attaccare» visto che il punto chiave dell’assemblea — la revoca e Marina Berlusconi Il signor Bolloré non si è smentito anche in Tim, ha usato la delicatezza e la compostezza di un Attila
la sostituzione di sette consiglieri indicati da Vivendi — è stato escluso lunedì dal Tribunale di Milano su esplicita richiesta della stessa società telefonica.
L’assemblea ha registrato una presenza record con quasi il 66% del capitale, compresa la Cdp con il 4,77%. Se il 4 maggio venisse confermata la stessa affluenza, secondo le previsioni del mercato Elliott si troverebbe in vantaggio visto che oltre il 60% del capitale di Tim è in mano ai fondi, sollecitati a cambiare la governance di Tim dai proxy advisor. Ma i numeri non assicurano nulla. Il piano di incentivazione ai manager, per esempio, su cui i proxy advisor avevano consigliato di votare contro, è passato con il 68,9% dei consensi. Tuttavia sulla nomina del nuovo collegio sindacale, pur avendo prevalso la lista di Vivendi, il gruppo francese è andato sotto quando si è trattato di scegliere il presidente: Roberto Capone è stato confermato con il voto contrario dell’azionista francese.
L’unica certezza l’ha avuta Genish, confermato amministratore delegato di Tim praticamente all’unanimità (98,2% dei voti a favore). E ha pure incassato il via libera dei soci alla remunerazione. Solo un punto è rimasto in sospeso: la nomina del nuovo revisore dei conti. Le società candidate sono state bocciate e servirà un’altra assemblea — sarebbe la terza quest’anno — per conferire il mandato.