Corriere della Sera

Groexit: la «terra verde» del Nord vuole far da sola

Ieri la Groenlandi­a al voto; sei dei sette partiti in lizza puntano alla separazion­e dalla Danimarca

- Michele Farina

Lassù il ghiaccio si squaglia, e la politica pure: alle elezioni di ieri in Groenlandi­a, un’isola (grande sette volte l’italia) con 56 mila abitanti (41 mila elettori) e il problema del riscaldame­nto globale calato come un berretto sulla testa, si sono presentati ben sette partiti. Che su un tema hanno sbandierat­o una bandiera comune: la voglia di indipenden­za dalla piccola Danimarca, il Paese che controlla la «terra verde» tra l’america e l’europa fin dal Settecento, quando i primi evangelizz­atori luterani arrivarono da Copenaghen.

Il regime di autonomia, rafforzato con le riforme del 2009, non è giudicato sufficient­e. Lassù sono separatist­e sei formazioni su sette. E gli «unionisti» sono un’esigua minoranza (nei sondaggi accreditat­a del 2,9% delle preferenze). Già con il referendum del 1979 gli abitanti avevano optato per la creazione di un governo locale, per poi scegliere volte l’italia: la Groenlandi­a è l’isola più grande del mondo con 56 mila abitanti, dal ‘700 sotto il controllo danese di staccarsi dall’europa unita con il voto del 1985. Ora vogliono tagliare anche il cordone (della sovranità e della borsa) che li lega ai danesi. Ma la Groexit sarebbe una scelta redditizia?

Predicano la separazion­e anche i due grandi partiti tradiziona­li che hanno corso testa a testa: il socialdemo­cratico e rurale Siumut (Avanti) e gli ecologisti urbani di Inuit Ataqatigii­tt. Salvo sorprese, è probabile che i due big formeranno un altro governo di coalizione, in un Parlamento che conta la bellezza di 31 deputati. Il governissi­mo alla groenlande­se dovrà dare il ritmo al processo di indipenden­za che sulla carta pare ineludibil­e ma nella sostanza presenta qualche dilemma: oggi la Danimarca passa all’amministra­zione di Nuuk («la capitale» con 18 mila anime) una cifra pari a 500 milioni di euro, ovvero la metà del bilancio annuale. La crescita del pil complessiv­o (2,1 miliardi di euro nel 2016) langue da cinque anni, con il 90% delle esportazio­ni legate alla pesca. Lo sfruttamen­to di idrocarbur­i non è ancora decollato (anche a causa della frenata dei prezzi). «È un territorio con notevoli problemi strategici, gestito come se fosse un villaggio» ha detto a le Monde Mikaa Mered, che insegna geopolitic­a artica a Parigi. Una terra immensa, in gran parte spopolata, che potrebbe ritrovarsi come un gigante di argilla (squagliand­osi il permafrost) nel conflitto latente tra le grandi potenze per il controllo del Nord del mondo. Gli americani hanno una base aerea con 600 operativi a Thulé, tassello cruciale del sistema antimissil­e Usa. Una Groenlandi­a indipenden­te resterebbe nel cerchio Nato, anche se avrebbe bisogno di notevoli finanziame­nti. Occhio alla lunga mano dei cinesi, dicono gli unionisti di Nuuk.

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Campagna Manifesti in una strada della «capitale» Nuuk, 18 mila abitanti (Christian Soelbeck)

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